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Ma perché al quarto voto? (Storia di una bugia, o di un imbroglio)

(Questo post è stato scritto per Huffington post Italia)

Matteo Renzi ha detto più volte che il nuovo presidente della repubblica sarà eletto alla quarta votazione, la prima in cui il quorum richiesto scende da due terzi a metà dell’assemblea dei grandi elettori. Un modo per impegnarsi a fare (relativamente) presto, e anche un modo, si dice, per tenere sotto pressione i grandi elettori: come dire non fate scherzi, non puntate alla palude, perché se non ce la facciamo in pochi giorni mi arrabbio e andiamo a casa tutti.
Tuttavia questa impostazione metodologica non ha alcun senso logico, e stupisce che nessuno, nelle numerose interviste e conferenze stampa del premier, glie ne abbia ancora chiesto conto. Come ha ricordato qualche giorno fa sul Foglio Giuliano Cazzola evocando il precedente dell’elezione di Francesco Cossiga nel 1985 alla prima votazione, se davvero si vuole eleggere il presidente coi voti dell’opposizione politica non si può che puntare a eleggerlo nelle prime tre votazioni: semplicemente perché, dopo, i voti dell’opposizione non servono più. È dunque interesse innanzitutto di Silvio Berlusconi e del “Patto del Nazareno”, cioè anche di Renzi, che il presidente venga eletto con la maggioranza dei due terzi e quindi col necessario apporto di Forza Italia. È certamente questo l’obiettivo di Berlusconi (come di Alessandro Natta nell’85 e di Berlusconi stesso due anni fa), se vuole che i suoi voti siano determinanti. Continua a leggere

Il mio stipendio online? Ce l’avete già messo

Leggo sui giornali di oggi che come ritorsione contro il voto di alcuni esponenti del Pd che ha mandato sotto il governo in commissione alla camera sulla riforma del senato, qualcuno nel partito pensa, cito, di “mettere online il bilancio delle segreterie Bersani ed Epifani, con relative spese e stipendi degli staff”. Lascio a ciascuno il giudizio sulla qualità di questi argomenti e di questi metodi per gestire un dissenso politico. Chissà cosa c’entrano “gli stipendi degli staff” con le scelte di voto di alcuni parlamentari sulla costituzione. Sull’argomento però ho qualcosa da dire, anzi tre cose: per fatto personale.

1) i bilanci delle segreterie Bersani ed Epifani sono già online, sul sito del Pd. Sono stati messi in rete senza che nessuno ne facesse richiesta subito dopo l’approvazione, alla fine di ogni anno di mandato del tesoriere Antonio Misiani, persona sulla cui correttezza non ho mai avuto un attimo di dubbio e che forse dovrebbe reagire, oggi, a queste insinuazioni.

2) per quanto riguarda il mio stipendio da direttore di Youdem, anche quello è già online da quel dì. Venne infatti reso pubblico insieme a quelli di altre persone che lavoravano al Pd (e non di altre, guarda caso) in seguito a un vero e proprio lavoro di dossieraggio. Fu una pagina disgustosa. Non tanto per l’attacco a me, che bene o male ero una dirigente con un ruolo anche “pubblico”. Ma perché finirono alla gogna anche lavoratori e lavoratrici colpevoli solo di lavorare nella segreteria di un dirigente antipatico a qualcuno. Ricordo la messa alla berlina del fatto che al Pd la presidente del partito, Rosy Bindi, avesse una piccola segreteria di due persone, visto che ne aveva già un’altra alla camera come vicepresidente, e “di conseguenza” la critica alle persone alle quali era stato assegnato il compito di lavorare in quella segreteria. Allora i doppi carichi erano considerati una bruttissima cosa, da additare al pubblico ludibrio.
Il mio era uno stipendio molto alto, e contro di me vi fu una campagna violenta sui social network e su alcuni giornali. Repubblica mi inchiodò a un titolo facendomi dire che lo ritenevo uno stipendio “normale”, in realtà io avevo detto – e nell’intervista era riportato chiaramente – che alla luce di quanto sapevo lo ritenevo uno stipendio in media con quelli di altri direttori di una testata giornalistica, per quanto piccola, a diffusione nazionale. Aggiungo che avevo volontariamente lasciato un posto di lavoro a tempo indeterminato da vicedirettore del quotidiano Europa che, a differenza di altri casi analoghi al mio, chissà perché a me e non ad altri aveva negato la possibilità di andare in aspettativa per lavorare per qualche tempo con il segretario del partito. A causa di questa scelta rischiosa, che mi esponeva senza garanzie alle incertezze della politica avevo chiesto al Pd uno stipendio più alto di quello che percepivo in precedenza. Questo perché Pierluigi Bersani, a differenza di tutti i suoi predecessori alla segreteria del partito e degli altri partiti precedenti, si era impegnato a non lasciare in carico al Pd nessun dipendente “ereditato” dal suo staff. Verificare per credere se ha mantenuto la promessa e come si erano regolati gli altri segretari prima di lui.
Per cui mettetelo pure online il mio ex stipendio. L’avete già fatto, per provare a zittirmi, quando ancora lo prendevo, a meno di non pensare che le buste paga mie e di qualcun altro siano uscite dai cassetti da sole. Non ci siete riusciti allora, figuriamoci adesso. Ma se pensate di ricattare qualcuno con questo argomento e di renderlo più obbediente, temo che vi sbagliate.

3) aspettiamo sempre che mettiate online la lista dei finanziatori del partito alla cena dell’Eur, amici. Mica per polemica, solo per la trasparenza che tanto vi piace. E magari anche la lista dei finanziatori della fondazione Open, oggetto di una bella inchiesta della Stampa nei giorni della Leopolda, inchiesta poi caduta nel più totale oblio. Quando volete, amici. Tutto online, come piace a noi del Pd.

Così si uccide l’Ulivo, e Renzi è l’assassino

A rivederla in tv, l’ultima sequenza della Leopolda 5, quella in cui il segretario del mio partito aizza il suo pubblico e chiama la standing ovation contro il mio partito, la sua storia e i suoi protagonisti, assicurando che “non sarà consentito” a costoro di “riprenderselo”, continua a provocarmi un’ondata di pensieri e sensazioni. Sono diverse ore che rimando l’appuntamento con la tastiera, perché non si dovrebbe scrivere quando si è arrabbiati. Ma ci devo provare.
Credo che non capiti niente del genere in nessun partito al mondo. Ma va bene ho capito: Matteo Renzi vuole solo applausi, vuole liberarsi da chiunque possa offuscare il suo splendore, considera insulto ogni critica, tratta come un nemico chiunque non si allinea al suo insindacabile – per quanto variabile – giudizio su cosa sia giusto, bello e buono, su quale sia il cambiamento che serve all’Italia. Dichiara di rispettare e poi disprezza. Non rispetta niente in realtà Renzi, non riesce a rispettare niente di quello che non può sottomettere. Purché tutto ciò abbia una caratteristica: stare dalla sua stessa parte. Se sono avversari no, va bene: allora Renzi diventa ragionevole, cordiale, capace di mediazione. Non so neanche se lo faccia apposta, se sia carattere o strategia. Tuttavia, ecco, mi chiedo: qual è la strategia di Renzi?

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Cose da barbari: più indignazione per l’orsa Daniza che per le suore uccise

(Questo post è uscito anche su Huffington post Italia)

Lo sapevo, eh, che mi facevo del male. Quando ho twittato questo: “Avrei voluto vedere la stessa indignazione e dolore di singoli e partiti per la povera orsa il giorno delle tre suore macellate in Burundi”. Apriti cielo (anche tanti commenti positivi, però). Allora, visto che oggi ci appassioniamo all’orsa, a quanto pare, provo a ridirlo usando qualche carattere in più. Primo, chiariamo che la religione non c’entra niente. Non so neanche se quelle tre povere suore sono state ammazzate per motivi religiosi o no, non è certo mi sembra e comunque non è il punto. Io sono contraria a macellare le persone più che ad ammazzare gli animali, va bene? Possiamo fare anche un altro esempio, se non vi piacciono le suore; ma no, non credo che le due cose – vite di persone e vite di animali – stiano sullo stesso piano. Povera orsa, ma il valore di una vita umana per me è più grande di quello della vita di un animale, anzi non è paragonabile. Mi capita di schiacciare una zanzara se mi dà fastidio, mentre evito di ammazzare le persone, anche se mi danno fastidio. (Continua qui)

Caro Matteo, come facciamo a riaprire l’Unità?

(questo articolo è uscito anche su Huffington post)

Caro Matteo Renzi, tu sei contro il finanziamento pubblico. Quando lo abbiamo dimezzato e tu eri ancora una voce critica nel Pd, i tuoi amici, per tuo conto, strillavano in parlamento che dimezzarlo non era abbastanza e andava abolito subito; quando lo abbiamo abolito e tu eri il candidato favorito alla segreteria, i tuoi amici, per tuo conto, e tu stesso, strillavate che il décalage previsto dalla legge per arrivare in qualche anno a finanziamenti zero era troppo lento. Ci furono trattative, per arrivare a una mediazione che fosse per voi accettabile e votabile, ma voi ci teneste a dire che avreste fatto di più e più in fretta. Io non la penso come te, ma ovviamente conta quello che pensi tu, ora che sei segretario del Pd e presidente del consiglio soprattutto.

Tu, caro Matteo Renzi, pensi anche, dicono, non so se è vero, non l’hai smentito, che non te ne frega niente se chiudono i giornali. Cioè, al di là del linguaggio che usi in una discussione con un tuo amico, ammesso che tu l’abbia usato, ritieni che se i giornali non hanno i soldi per campare è giusto che non campino, che in generale, o forse in questo momento, non sia il caso di aiutare finanziariamente il settore dell’editoria, sebbene esso sia in grave crisi, e sebbene i casi di aiuto a settori in crisi esistano e siano esistiti, sotto forme di ammortizzatori straordinari o di idee come per esempio quel meccanismo che a suo tempo venne battezzato con un termine che dev’esserti molto piaciuto, rottamazione. Preferirei che tu la pensassi diversamente, perché questa crisi coinvolge me e tanti colleghi e amici, e anche perché per me se chiude un giornale, di partito o di opinione in questo caso non fa differenza, è grave, e non si può trattare la libertà di stampa come un settore economico come gli altri, dove o reggi alle regole del mercato o chiudi e amen, ma non ha importanza. So che la maggioranza degli italiani non la pensa come me, e un governo deve pensare all’interesse generale, mica posso pretendere che pensi a me, e ovviamente ha le sue priorità e le comunica ai cittadini come crede.

Io però vorrei capire una cosa.

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Il nome della Festa, il lapsus di Matteo

Tanto per dire: ho scritto fiumi d’inchiostro sulla questione del nome delle feste del nostro partito, anche perché lavoravo in un giornale che sentiva molto il tema che non si chiamassero feste dell’Unità, dato che era il giornale della Margherita. Una volta anche Gianni Cuperlo scese a tenzone con me, replicando a un mio articolo: io giovane giornalista, lui sempre il solito signore: devo ritrovare traccia di quello scambio, perché vi giuro non ricordo né gli argomenti miei né i suoi, e la cosa mi fa sorridere di tenerezza a ripensarci proprio oggi. Nel tempo infatti ho relativizzato parecchio la questione. Sono stata a mio agio e mi sono sentita a casa mia in feste che si chiamavano “Democratiche”, “dell’Unità” o anche in altri modi. Ricordo quindi solo per inciso che quelli che in questi anni mi hanno invece continuato a controbattere che no, la questione era importante e che la “discontinuità” col passato andava assolutamente marcata, sono tutti, TUTTI, sostenitori di Renzi fin dalla prima ora. Sarei curiosa di chiedergli cosa pensano adesso, ma anche no (è già successo sul tema ben più importante dell’adesione al Pse che coloro che si sarebbero dati fuoco fino a due mesi prima abbiano approvato senza fiatare, figuriamoci su questo).

Però una cosa sola, rapida, poi ci torno. Dire “le nostre feste tornino a chiamarsi feste dell’Unità” è una vera mistificazione, una bugia e come tale una mancanza di rispetto. Quel “prima”, in cui le nostre feste si chiamavano dell’Unità, non esiste. Le feste del Pd si chiamavano Democratica, quella nazionale, e Democratiche in genere quelle locali con alcune eccezioni, illustre quella di Roma. Se poi parliamo delle feste a cui andavamo Matteo e io con i nostri babbi da bambini, quelle si chiamavano feste dell’Amicizia. Ne ricordo una nazionale a Viareggio, magari c’era anche Matteo piccolino. Comunque io sono cresciuta coi testaroli fatti a mano delle feste dell’Amicizia in Lunigiana, e coi tordelli della mitica festa dell’Amicizia di Bedizzano. Torniamo a chiamare le cose col loro nome, altro che “tornino a chiamarsi”.

Non mi preoccupa tanto che Matteo Renzi abbia dei lapsus o dica qualche bugia, figuriamoci. Mi preoccupa quello che il lapsus o la bugia rivelano: l’idea cioè di un Partito democratico dove la sinistra ha la delega alla paccottiglia politica e alla cura dei simboli, ed è pure contenta. Intanto che altri si occupano della linea politica, della gestione del potere, di prendere voti, di cambiare l’Italia. In quel tipo di sinistra del Pd, ve lo dico, io non mi riconosco, e nemmeno eventualmente in quel tipo di Pd. Nemmeno se mi regalano la maglietta di Togliatti. A proposito, complimenti e in bocca al lupo al mio amico Matteo (Orfini).

Esercizi di spirito critico (anche per principianti)

1) Chiedersi SEMPRE “ma se l’avesse fatto Berlusconi”.
2) Chiedersi ALMENO OGNI TANTO “ma se l’avesse fatto Bersani”.

Stavo giusto pensando, per mantenermi in esercizio, a cosa sarebbe successo se nella scorsa legislatura il Pd avesse gentilmente sollevato dall’incarico qualche senatore raccoglifirme alla Ichino o qualche scioperatore della fame alla Giachetti, uno che sta in minoranza anche quando è in maggioranza, o qualsiasi altro renziano, veltroniano, fioroniano, mariniano, civatiano o altro a piacere. Proprio in quel momento ho visto questo tweet di una persona onesta, onesta di pensiero intendo, come Andrea Sarubbi.

Ps: commento critico sull’esercizio di spirito critico.
Bisognerà comunque chiedersi come si sta in una commissione parlamentare da esponente di un gruppo e non da singolo. Voglio dire che io non sono sicura di riconoscermi in pieno nell’atteggiamento di Corradino Mineo, dato che penso che un partito debba essere un soggetto politico e non uno spazio per individualismi dei singoli, e che un senatore in una commissione non rappresenti solo se stesso e le proprie opinioni. Tuttavia vorrei ricordare che prima di cacciare la gente forse varrebbe la pena provare a convincerla, non sia mai magari anche a convincersi reciprocamente. Anche perché, ricordo, Ichino e compagnia si dissociavano da testi approvati a maggioranza negli organismi dirigenti del loro partito, Mineo si oppone a un testo che nemmeno il ministro competente, oggi come oggi, sa dire bene qual è.

Erano i ballottaggi eh. Non le primarie

Agli analisti politici, professionali e da social network: va bene tutto, io capisco, ma non esagerate. Capisco tutto, capisco il conformismo e anche i gusti personali, capisco il tifo e anche lo spin che ricevete, e le pressioni interessate. E però c’è un limite, e il limite è che non si possono commentare i ballottaggi come se fossero le primarie del Pd. Mica per altro: perché non è così che funziona. Il Pd è un partito, un conto è quando fa le primarie e un altro conto è quando fa le campagne elettorali. Io per esempio, sappiate, sono stata a Bari con Bersani a sostenere Antonio De Caro. Gian Carlo Muzzarelli a Modena ha avuto i renzianissimi Stefano Bonaccini e Matteo Richetti sempre al suo fianco. A Livorno sono stati dirigenti molto renziani e di primissimo piano come Luca Lotti e Dario Nardella a sostenere Marco Ruggeri. E poi non è che potete dimenticarvi il primo turno su, sono passate solo due settimane: a Padova per esempio, sarà stato anche un referendum sulla precedente amministrazione, ma Zanonato quindici giorni fa in quella città ha preso la preferenza anche dai neonati. Suvvia ragazzi, sforzatevi un pochino di più, capisco analizzare le campagne elettorali senza muovere il sedere dal divano, ma almeno magari fate qualche telefonata. Lo dico per voi eh. Ci fate più bella figura.

Caro Lotti scusa, come fai a dire che Orsoni non è del Pd?

questo post è uscito anche su Huffington post
Caro Luca Lotti, scusami tanto. Ma come fai a dire che Giorgio Orsoni non è del Pd? Orsoni, il sindaco di Venezia. Quello che ha vinto le primarie, sostenuto dal Pd. E poi le elezioni, al primo turno, sostenuto e festeggiato da tutto il Pd. Uno dei mitici sindaci del Pd, hai presente? Quelli che volete fare senatori, per il cambiamento. Ma ora lungi da me rinfacciartelo, figuriamoci.
Non eri tu, scusa, il Luca Lotti che in segreteria (segreteria Epifani) da responsabile Enti locali caldeggiava “primarie aperte, apertissime”, sottintendendo che “quelli di prima” l’altra volta non le avevano aperte abbastanza? Ecco, volevo chiederti: chi è del Pd allora scusa? Solo chi ha la tessera è del Pd adesso? E come mai allora anche chi non ce l’ha, la tessera, partecipa alle primarie per eleggere il segretario del Pd, dove uno vale uno, e il voto di Orsoni conta come il mio, e come il tuo? Orsoni, ricorderai, ha partecipato da sindaco di Venezia alle primarie per il segretario del Pd, schierandosi apertamente per Matteo Renzi, ma ora lungi da me rinfacciartelo, figuriamoci. È che mi domando, e non capisco, se ora improvvisamente per essere del Pd si debba essere iscritti, e allora perché mai chi non è iscritto decide chi dev’essere il nostro segretario, se non è del Pd. Hai detto che non è del Pd perché “non è mai venuto alla direzione”, ma ti ricorderai che anche Matteo, quando era sindaco di Firenze, alla direzione non ci veniva, pur avendone diritto. Alla “seduta di autocoscienza” anzi. Non ci veniva. Eppure Matteo era un sindaco del Pd no?

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Democratica e basta

Sulla Stampa di oggi c’è questa mia mini – intervistina. Ovviamente avevo detto più cose, ma lo spazio si sa è tiranno e io non sono così importante da meritarne molto di più. Mi dispiace solo che non ci sia la domanda che mi aveva fatto Francesca (Schianchi) su perché spesso faccio tweet “da pasionaria”, perché nella risposta avevo citato Guccini: “Se son d’umore nero allora scrivo / frugando tra le nostre miserie / di solito ho da far cose più serie / costruir su macerie, o mantenermi vivo”.
Questo sì che ci tenevo a dirlo.
“Democratica e basta” invece mi è venuto così, ma sono contenta che sia piaciuto a tanti amici. Vi prometto comunque che NON fonderò una corrente. Grazie.

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