Monthly Archives: February 2016

Perché la fiducia sulle unioni civili mi fa imbufalire

  1. Come cattolica (lo dico ai “cattodem” di piazza e d’aula e anche al caro Angelino, che canta vittoria e si permette di insultare esponenti del partito suo alleato che “vogliono far male a Renzi”, che tenero lui): chi mette la fiducia oggi su un tema etico, si vedrà mettere la fiducia domani su un altro tema etico. La vita parlamentare è fatta così, si chiamano precedenti. Nel Vangelo si chiama “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”, ma è la stessa cosa. Significa (anche) che ogni essere umano è immagine e riflesso dell’infinita sapienza di Dio, e ogni coscienza merita il rispetto che ciascuno chiede per la propria. (La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui luce risuona nell’intimità propria… Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità. Gaudium et spes, costituzione pastorale su La Chiesa nel mondo contemporaneo, capitolo 16).
  2. Come cattolica democratica, seduta sulle spalle di giganti che ci hanno insegnato – in qualche caso prevenendo e anticipando lo stesso Concilio – il valore della libertà di coscienza e l’autonomia della politica, difendendola dai laicisti, dai clericali e qualche volta dai loro vescovi stessi, e a caro prezzo. Da De Gasperi che dice no all’operazione Sturzo arrivando fino a quei cattolici democratici che ribellandosi al Non possumus sui Dico diedero di fatto vita al Pd all’inizio del 2007, epoca del primo Family day, e nel momento in cui un papa dal cuore libero e dalla parola limpida dice ai giornalisti di “non ricordare bene” il famigerato documento sui “valori non negoziabili” che nel 2002 quasi uccise il cattolicesimo democratico vincolando l’azione politica dei laici alle decisioni dei vescovi, restituendo potenzialmente a chi fa politica la propria dignità e la propria libertà, trovo intollerabile che la mediazione sui temi etici venga affidata ad accordi e patti politici come un qualsiasi rimpasto di governo o come un decreto milleproroghe.
  3. Come democratica, cioè come elettrice del Pd. Il rispetto del pluralismo delle idee, insieme al principio della laicità della politica e delle istituzioni, sono principi fondativi del nostro partito, riconosciuti al punto 2 del nostro Codice etico. Il Regolamento del nostro gruppo al senato (punto 3) riconosce e garantisce espressamente “la libertà di coscienza dei senatori, con particolare riferimento alla incidenza delle convinzioni etiche o religiose dei singoli nella sfera delle decisioni politiche”. La fiducia su questioni come i diritti degli omosessuali e il sì o no all’adozione del figlio biologico del partner, dentro il Pd, è una bestemmia, che contraddice le ragioni fondative della nostra comunità politica e ne mette a rischio la sussistenza come tale. Il contrario di quello che abbiamo sognato, desiderato e immaginato.

Ancora una volta il Pd si avvia a scegliere, sulla legge Cirinnà, una strada che prescinde dalla politica, dal ruolo della politica, dalla ricerca di una sintesi politica. Dopo aver predicato per mesi che “la legge Cirinnà è il massimo della mediazione possibile” e che “deciderà il parlamento”, all’improvviso, senza nessuna autocritica dei vertici del partito e del gruppo, passa dal “chi vota vota” alla blindatura di un compromesso al ribasso. Lo fa creando un precedente pericoloso e doloroso, che non scioglierà il conflitto ma ce lo consegnerà intatto e pronto per la prossima forzatura. So che qualcuno dice meglio una legge così così che nessuna legge: sono d’accordo, anche se credo che una legge migliore di quella che scaturirà dall’accordo Renzi-Alfano sarebbe ancora possibile, se il Movimento 5 stelle cogliesse per una volta l’occasione di fare politica e di provare a cambiare davvero le cose in questo paese. E tuttavia non sono indifferente al metodo, perché il metodo è sostanza. Non diventeremo un paese più libero con metodi illiberali. Non diventeremo un paese più maturo trattando i parlamentari come scolaretti.

Canguri e cangurati, traditori e traditi

  1. L’ho detto ieri agli amici di Intelligonews che me l’hanno chiesto, ma forse vale la pena di ripeterlo: per approvare una legge o si cercano accordi politici con forze dell’opposizione, oppure si fa una forzatura parlamentare per imporre la volontà della maggioranza. Fare tutte e due le cose insieme non può funzionare e infatti non ha funzionato. A me pare che la questione canguro, al di là della lealtà, slealtà, ingenuità, moralità, furbizia dei protagonisti, sia tutta qui. Lo dico perché oggi qualcuno ci spiega che chi critica non capisce che in questo senato non c’è una maggioranza forte sui diritti civili: e se non c’è una maggioranza forte perché avete provato a fare la prova di forza, amici e compagni?
  2. Lo dico anche perché a me non è che piacciano i traditori. E però siccome molti amici e compagni, ai tempi dei 101, mi hanno spiegato sussiegosi che io sbagliavo a insistere col fatto che Bersani era stato tradito e non capivo che “il tradimento non è una categoria della politica”, adesso mi fa un po’ specie che quegli stessi amici e compagni – versione gigliata e versione turca – se la prendano coi cattivi grillini. Un partito di opposizione non è tenuto a essere leale con un partito avversario. Un partito di opposizione non è tenuto a condividere una spregiudicata tattica parlamentare nemmeno se condivide il merito di una legge (vedasi il punto 1). Certo, poi se non si è voltagabbana e traditori nella vita è meglio. Soprattutto coi propri amici e compagni di partito, magari.
  3. Volevo infine dirvi che – udite udite – presentare emendamenti è un’antica prassi parlamentare che non nasce in questa legislatura. Anche prima che venisse inventata la tattica del canguro, accadeva che le opposizioni presentassero emendamenti, a volte anche TANTI (anzi: in passato i regolamenti parlamentari consentivano tattiche ostruzionistiche molto più aggressive di adesso, e in Italia non è che ci fossero sempre maggioranze blindate). Ebbene non è mai successo che una riforma non venisse approvata perché l’opposizione si era messa contro, ve lo dico. Se una riforma ha i voti per essere approvata in qualche giorno si approva, anche senza furbizie e prepotenze parlamentari. Giorno più, giorno meno. Noi intanto buttiamo dalla finestra una settimana perché il canguro doveva saltare ma non ha saltato. In una settimana cinquecento emendamenti si votavano, ve lo dico.

Carrara pride. (Elaboriamo il lutto con un amen)

Ho una strana timeline stamattina su Facebook. I carrarini si emozionano difficilmente sapete. E quasi mai si emozionano tutti insieme. Carrara è anarchica, individualista e ruvida. Per trovarle il cuore devi faticare come per salire sulle sue montagne. Se vede che te le prendi troppo a cuore ti dice: “Ma non ti confondere”. Se pensa che ci stai credendo troppo scuote la testa: “Ma come sei convinto”. Carrara non si sente mai all’inizio, ma sempre alla fine di qualcosa. Sa di essere stata giovane e bellissima, ricorda quando c’era il palco della musica e si ballava in piazza e al Settimo cielo, ma conosce il rumore delle serrande che chiudono per non riaprire e delle sirene che annunciano un’altra tragedia alle cave. Si è abituata a pensare che piove sempre sul bagnato. E sa che a volte piove davvero, e il fiume si porta via le case e le strade, e si sente violentata come il suo paesaggio e il suo territorio mal tenuto. È arrabbiata, Carrara.

Ma una sera, all’improvviso, si muove la città. Galleggia e se ne va, proprio, lasciandosi rapire da un sogno condiviso. La gente nei bar canta. La gente si telefona e piange, mentre in tv Francesco piange. La gente mette una foto di Francesco su Facebook e ci scrive sopra: “Bel me cocòn, bel e fat ben”. E poi: “Tutta Massa è con te”, addirittura: robe da chiodi, avrebbe detto mio nonno (e c’è pure un massese a premiarlo, il carrarino: troppo bello).

E lui dice una cosa che quasi non sembra uno di Carrara, una cosa che di sicuro è poco contemporanea e poco sanremese, dice: ho lavorato tanto. Che vuol dire: ci ho sofferto, ci ho creduto, mi ci sono buttato dentro fino in fondo. “O ber, o affogar”. Ed eccolo lì, ha vinto. E la sua città incredibilmente si è convinta che qualcosa ora possa cambiare, forse tutto: “State attenti, perché Carrara dopo l’AMEN, ora MENA”, scrive qualcuno.

E in fondo perché no: siamo fatti anche così, anche Francesco che l’ha capito e l’ha detto meglio di tutti. E allora: e allora avanti popolo che spera in un miracolo, elaboriamo il lutto con un amen.

Bagnasco, io non ci casco

È tutto così faticoso, e sbagliato. Per questo non scrivo spesso sulle unioni civili, perché il più delle volte le parole mi mancano. Quello che ho pensato ieri sera riguardo alle dichiarazioni del cardinale Bagnasco è stato più o meno: “Ma chi li consiglia certi vescovi?”, e l’ho trovato poi razionalmente spiegato in questo bell’articolo di Ugo Magri sulla Stampa di stamani.

Ci sarebbe poco da aggiungere, e però trovo tutto molto triste. Anche certe risposte al cardinale, ve lo devo dire: smargiasse e volgari. È un noto cercarogne, ma non ha torto quel mio amico che stamani, strappandomi un sorriso, ha postato su Facebook: “A me pare che abbia più diritto a dire la sua Bagnasco che Elton John”. Quello sulla legge Cirinnà è ormai diventato un dibattito in cui tutto si mescola con tutto, la stepchild adoption con l’utero in affitto, la libertà di coscienza col voto segreto, i nastrini colorati sul palco dell’Ariston con le lucette del Pirellone. Non è così che si dovrebbe approvare una legge che rappresenti uno scatto di civiltà.

Provo, con sfiducia e scoraggiamento, a dire due cose: Continua a leggere

Aridatece Fanfani. Non regalate i cattolici alla destra

Non che mi convinca del tutto l’intervista di Beppe Vacca sul Corriere di oggi, anzi. Tuttavia penso che certi turborenziani pronti a ricondurre qualsiasi obiezione alle unioni civili alla caricatura-Scilipoti e a buttare tutti gli argomenti in un unico minestrone di politica e tifoseria la dovrebbero meditare, insieme all’editoriale di Aldo Cazzullo, sempre sul Corriere. E riflettere, e poi magari dirci, se per caso – proprio loro che da giovani andavano al Family day e proprio nell’era di un papa come Francesco – non vogliano riportare l’Italia agli anni ’50.

O meglio, per la verità regalare i cattolici alla destra in Italia nemmeno negli anni ’50 era successo, a dirla tutta. Che almeno Fanfani qualche buona riforma sociale di sinistra l’ha fatta.

Perché abbraccio Giorgia Meloni, e perché doveva evitare

Cara Giorgia Meloni,

prima di tutto vorrei abbracciarti e dirti che sono felice per te, e che mi dispiace per i commenti volgari che un sacco di gente stupida e cattiva, sul web e non solo, ha fatto sulla notizia che aspetti un bambino. Come se il politicamente corretto valesse solo per le donne di sinistra, potresti pensare E invece no, fidati: vale solo per chi la pensa come loro, che sia di destra o di sinistra.

Non ci conosciamo molto, ma mi sei sempre stata simpatica e ti ho sempre rispettato, nonostante – come immagini – buona parte delle cose che dici mi faccia inorridire. Sei una delle poche persone, nella politica di oggi, che dà l’idea di avere dietro una storia, di non essersi improvvisata. Sei, si vede, una che sa cosa vuol dire parlare a una piazza, volantinare alle sette di mattina, scarpinare, darsi un’ organizzazione. Sei una che non pretende di avere sempre la risposta in tasca e di saperla trovare da sola. So per esperienza di elettrice e cittadina romana, per quanto “immigrata”, che hai saputo tenerti intorno persone vere, piene di passione, militanti nel senso pieno della parola. Inoltre non ti prendi troppo sul serio, sei spiritosa sui social e sai stare in mezzo alla gente. È la politica che mi piace, anzi è la politica – al netto ovviamente dei contenuti. Continua a leggere