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Zero manifesti? No, zero idee e zero soldi. Una campagna elettorale senza partiti

Da oggi, di tanto in tanto, scriverò articoli sul quotidiano Il Dubbio. Oggi, a pagina 4, è uscito il primo.

«Guarda mamma, senza mani! ». Ricorda un po’ il bambino della bici l’annuncio di Matteo Orfini che il Pd romano, del quale è commissario, «in nome della sobrietà e del decoro» rinuncia ad affiggere i manifesti elettorali. Una scelta che ha una sua storia e le sue ragioni, ma che alimenta un terribile dubbio circa le prossime amministrative: dov’è finita la campagna elettorale? Perché al di là dei risultati questa potrebbe davvero essere una campagna “storica”, per alludere a una certa retorica politica che va di moda: la prima campagna elettorale senza i partiti. Continua a leggere

Campidoglio, Italia. Noi del Pd stamani in quella piazza

Sono stata a curiosare al Campidoglio, stamattina. Sono una giornalista, e sono del Pd. La piazza era piena, non pienissima come avevano sparato nei giorni scorsi. La gente non sapeva bene cosa fare. Avevano i cartelli, con scritto “daje” e “Marino ripensaci” e anche “Renzi stai sereno”. Guardavano verso le finestre. Cantavano Bella ciao e pure El pueblo unido jamas sera vencido. Avevano fatto delle fotocopie col testo.

C’era un gruppetto a centro piazza con le bandiere del Pd. C’erano tre signori che parlavano e uno diceva: “Io dar partito nun me ne vado manco se me pagano. Se lo scordano, questi, che je lascio er Piddì. A me me devono caccià”. Un altro diceva: “Ecciairaggione, sennò je fai un favore”. E un altro ancora diceva: “Essì ma tanto poi quando arriva Verdini che fai, te ne devi andà lo stesso”. E il primo: “Ma un conto è se me ne vado mo’ da solo, un conto è se me caccia lui per fa’ er partito della nazzione co Verdini”. (Ho pensato: se qualcuno vi ha messo qui per darmi speranza di non essere sola, grazie).  Continua a leggere

Non è politica, è decido io

Ma davvero il giorno dopo questa catastrofe romana, con le macerie ancora fumanti, tutto quello che il segretario del Pd ha da dire, il messaggio che fa arrivare alla sua gente, ai suoi elettori romani e italiani, è “Ora niente primarie, decido io“?
Ho detto il segretario del Pd, attenzione. Non il presidente del consiglio. Che commissarierà, stanzierà fondi per il Giubileo, fisserà la data delle elezioni: lavoro suo. Ma il segretario del Pd, il partito che ha scelto questo sindaco, che ha governato questa città, che ha visto abbattersi il ciclone Mafia capitale, che ha commissariato il suo sindaco, che l’ha difeso, che l’ha cacciato, non ha nient’altro da dire che questo?
Non sto parlando di ragioni o torti. Non sto parlando di dirigenti da proteggere o da rottamare: sinceramente me ne frega il giusto, arrivati al punto in cui siamo, dei protagonisti di questa vicenda. Sto parlando di una comunità politica, che adesso dovrebbe fare una campagna elettorale se non sbaglio. Sostenere un sindaco, chiunque lo scelga. Esprimere candidati disposti a impegnarsi, anzi a “metterci la faccia” come si dice adesso, vero Matteo? Che le preferenze mica ci andrai tu a prenderle penso. Una comunità che dovrebbe avere un’idea di se stessa, e un’idea per questa città. Continua a leggere

Su Barca e i democristiani, per fatto personale (e politico)

Prima di tutto, la notizia: no, Fabrizio Barca non ha detto, alla festa dell’Unità di Roma, che la degenerazione del Pd romano è cominciata con l’arrivo dei democristiani (meno male!). Ha detto una cosa diversa, l’ha detta un po’ male, e successivamente, sorta la polemica, l’ha spiegata un po’ peggio. Mio malgrado la cosa mi ha un pochino riguardato, perché venerdì sera, lontana da Roma, visto qualche tweet risentito di amici conosciuti nel Partito popolare, mi ero allarmata e avevo approfittato di twitter per chiedere ai vertici del Pd romano e a Barca stesso cosa fosse realmente stato detto. Barca mi aveva gentilmente risposto, con frasi che il giorno dopo (senza che si ritenesse di citare le domande) sono finite su diversi giornali. Ma io, leggendo quelle risposte e quegli articoli, avevo capito anche meno, e avevo infine pubblicamente promesso che avrei ascoltato la registrazione; cosa che ho fatto immediatamente oggi, appena ripreso possesso del mio divano e di un wifi stabile.

Questa più o meno è stata la conversazione su twitter  Continua a leggere

Se un partito va a cena con Buzzi

Se in questi giorni ho insistito sui social network sulla necessità che il Pd dica con trasparenza chi ha partecipato alla cena di finanziamento all’Eur del mese scorso non è per un riflesso giustizialista (che non mi appartiene) né per una cinica ritorsione di partito (sebbene forse sarebbe giusto ricordare in che modo l’argomento “trasparenza” e “gestione dei finanziamenti” sia stato usato nel mio partito, il Pd, anche in tempi piuttosto recenti. E mi fermo qui, per pudore).
Il motivo, dicevo, è un altro. Se verrà confermato, come scrive oggi il Fatto quotidiano, che Buzzi o qualche altro indagato nell’inchiesta Mafia Capitale era seduto a tavola alla cena di finanziamento del Pd, non lo considererei uno scandalo. Può capitare a qualunque personaggio pubblico di trovarsi a cena con la persona sbagliata, e del resto è difficile controllare i meccanismi di invito di un evento come quello, in cui si chiede a decine e decine di persone di “portare qualcuno”. La presenza di Buzzi o di altri a quella cena non dimostra niente contro nessuno, e chi è accusato di qualcosa non è certo accusato del reato di cena. Del resto, se le accuse ipotizzate verranno confermate nei processi, una commistione di alcuni esponenti del Pd con certi ambienti sarebbe dimostrata e quindi sarebbe inevitabile che di essa si trovasse un riflesso nella lista dei partecipanti alla cena. Insomma non è certo la cena a dover scandalizzare.

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