L’Emilia, che era il mio sindaco

Un post su Facebook a volte è una notizia tristissima. Stava così bene quest’estate, l’Emilia. Passava per via Cavour, sempre più piccola (e pareva impossibile), ma con un caschetto da ragazzina. Un secondo di esitazione prima di riconoscermi, ma avevo gli occhiali neri. Poi la solita allegria affettuosa. Le ho raccontato che avevo conosciuto Cecilia, e che era stata la prima volta che qualcuno mi aveva detto: “Mi sa che tu sei amica di mia…”, e mentre io pensavo “mamma?”, lei aveva concluso: “Nonna”.

L’Emilia era stata il mio sindaco, molti anni fa. Ma se lo penso adesso, “il mio sindaco”, mi viene sempre in mente lei. Era diventata sindaco in un tempo di cose nuove, l’Emilia. Non c’era ancora l’Ulivo, ma i sindaci si eleggevano per la prima volta direttamente, e i partiti guardavano fuori, oddio fuori fino a un certo punto l’Emilia, ma non era una delle solite facce del partito. In una città “rossa” da millenni, la sinistra candidava una donna, una professoressa, già allora vedova di Franco, un compagno Franco, ma anche lui professore, un intellettuale, non un uomo di partito. L’Emilia i voti li poteva prendere anche fuori.

E infatti li cercava. Noi, l’Azione cattolica diocesana, dentro questi tempi nuovi ci stavamo a nostro agio. Organizzammo un confronto tra i candidati, nella sala del comune, tutto autogestito, domande vere preparate nei gruppi parrocchiali, questioni concrete, i temi “nostri” come cristiani e come cittadini. Da uomini e donne libere, finalmente, di esplorare e poi votare fuori dai blocchi del Novecento.

L’Emilia mi convinse quella sera. Glielo feci capire, con discrezione, senza compromettere l’associazione. Penso abbia convinto molti di noi allo stesso modo. Era comunista, l’Emilia. Ma non doveva essere così terribile votare una donna comunista, visto che quella donna era la stessa ragazza che in casa mia sorrideva dalle foto di una vacanza a Parigi insieme a Franco e ai miei genitori, un Capodanno dei primi anni Settanta: quattro giovani prof italiani infreddoliti e felici a Notre Dame, due democristiani e due comunisti. Era già così l’Italia, anche prima dell’Ulivo, e per questo la nascita dell’Ulivo è stata così semplice e vera.

Ha provato a cambiare un po’ di cose, c’è riuscita, è durata poco. Ma è sempre il mio sindaco l’Emilia, e spero che Carrara la ricordi con riconoscenza.

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