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Momenti di gloria. (Io, Ezio Mauro e l’intellettuale)

Ieri sera, durante la puntata di Otto e mezzo, Pietrangelo Buttafuoco (troppo buono!) ha detto così: “Leggevo l’editoriale di Ezio Mauro su Repubblica, il giornale che ha accompagnato la festa del renzismo, e mi sembrava di leggere una prosa scritta da Chiara Geloni non oggi, all’indomani della sconfitta, ma cinque dieci venti mesi fa”.

Ora, siccome a me quando mi ricapita un paragone così, ma soprattutto siccome l’articolo di Ezio Mauro era davvero bello e importante, e non (solo, ahahaha) perché sembrava scritto da me, ve lo posto qui. Anche perché così, quando vogliamo rileggerlo, lo ritroviamo.

Voto il lunedì? Non è questione di soldi ma di storytelling

Per me, a differenza dal “renzianissimo” senatore citato oggi da Repubblica (e in parte perfino da Enrico Letta), non è una questione di costi. I soldi per la partecipazione democratica, anche quelli per allargarla, sono sempre ben spesi. So di essere impopolare ma io sono favorevole ai costi della politica, e anche al finanziamento pubblico, che è l’unica possibilità di garantire a tutti l’esercizio dei diritti e dei doveri democratici: una questione sulla quale prima o poi la realtà ci costringerà a tornare a riflettere, speriamo non troppo tardi.

Il punto è un altro: se si temeva, giustamente, l’astensione, perché il governo ha fissato le elezioni amministrative il 5 giugno, cioè durante il ponte del 2 giugno (e i ballottaggi il 19, a scuole chiuse)? Non potevamo votare a maggio, o anche ad aprile? Perché, soprattutto, nessuno lo spiega? Continua a leggere

Ma io non ci sto più, caro Fassina

L’intervista di Stefano Fassina a Repubblica mi addolora molto sul piano personale, ma il problema non è questo. Il problema è che è sbagliata, per due motivi. Politici.

1) Finché il nostro problema sono D’Alema e Bersani ha ragione Renzi. Punto. Questo è il suo terreno di gioco, questo è il suo “noi e loro”, non è il nostro. Quelle due pagine di Repubblica fanno impressione. Ci sono tre titoli, uno su Orfini, uno su Richetti e uno su Fassina: dicono tutti e tre la stessa cosa. Che D’Alema e Bersani sono un problema e devono fare un passo indietro (da che?). Nei partiti normali non è così, e nemmeno tra persone mature. Non è che quando arriva Gonzales a una riunione del Psoe la gente pensa “oddio vorrà mica parlare, e se poi va nei titoli?”. Nei partiti normali c’è rispetto per la propria storia, personale e collettiva, e per chi la rappresenta. Anche se ovviamente ci sono nuovi tempi, nuove scelte, nuovi protagonisti. Nei partiti normali “la nostra storia fa schifo e vi spieghiamo perché” non è considerato un messaggio vincente. Il resto è Italia, è rottamazione, è Renzi. È il suo storytelling, e noi lo aiutiamo a raccontarlo. Complimentoni.

2) Pure questa storia di “D’Alema e Bersani” è una bugia, subalterna e funzionale alla narrazione dei rottamatori. Non è che gli anni 90 sono finiti ieri. Non è che all’improvviso è arrivata una generazione nuova che ha capito che i vecchi sbagliavano. E i vecchi non hanno fatto tutti le stesse scelte. C’è chi ha avuto la fase liberista e chi no. C’è chi ha avuto la fase renzista e chi no. C’è chi ha avuto come consigliere economico Nicola Rossi e chi ha avuto come consigliere economico Stefano Fassina, per esempio. 

Infine, faccio una proposta: questa nuova classe dirigente faccia il favore, invece di chiedere passi indietro diriga (che mi pare sia precisamente quello che aveva detto D’Alema sabato peraltro). Perché finora non è che si veda proprio benissimo la loro strategia per superare Bersani e D’Alema, lo dice una che comprende tutta la difficoltà del compito e che fin qui ha sempre cercato di dare una mano. D’ora in avanti, non so. 

Se vi interessa, ne parliamo ancora stasera a Otto e mezzo su La7.