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Il renzismo è nudo. Il referendum del #ciaone

Verrà ricordato come il referendum del #ciaone, c’è poco da fare. Vedremo col tempo chi, il 17 aprile 2016, ha detto #ciaone a chi. Intanto, questo è il dibattito pubblico in Italia, e questa è la politica. L’hanno già scritto in tanti, quei sedici milioni che nonostante gli inviti (eufemismo) a non votare da parte di tutto il potere costituito, politico ed economico, e il silenzio quasi tombale dei media (altro che “siamo più forti dei talk show”, segretario!) sono molto pochi per fare il quorum ma sono molti se configurano un blocco attivo contro un Pd renziano che ai tempi del suo massimo splendore, quelli del famoso 40 per cento delle europee, ne raccolse 11 milioni e 200 mila, e che dopo quel risultato ha perseguito tenacemente un isolamento arrogante, distruggendo intorno a sé ogni parvenza di coalizione e tutti i fili che lo legavano agli altri corpi intermedi, al civismo, alle forme di partecipazione più o meno organizzata. Fino al delirio di insultare irridendo, a urne aperte per un referendum promosso da amministratori del Pd, una consistente fetta del proprio elettorato “colpevole” di autonomia di pensiero e partecipazione. #ciaone, appunto. Continua a leggere

Telefonami tra vent’anni/2

Vi ho già parlato di questa canzone. E insieme vi ho parlato anche di Simone Piccione, naturalmente. Adesso vi metto il link, tranquilli. Prima volevo dirvi che sono stata a vedere Il nome del figlio, di Francesca Archibugi, e ho capito che allora non eravamo solo noi quelli che l’importante è non arrivarci in fila.
Che grande testo, lo cito sempre, di solito a vanvera; ma anche che grande canzone. Una canzone che viene fuori alla distanza, del resto se la intitoli Telefonami tra vent’anni è perché ti aspetti che dopo vent’anni cominci a succedere qualcosa. E infatti succede. Ci tenevo a dirvelo, a ripetervelo. Andatelo a vedere questo film.
E poi (o prima, oppure anche tra vent’anni) (ri)leggetevi questo vecchio post.