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Quello che non ho è una camicia bianca (Piccolo retroscena)

Altri tempi, quel 5 novembre del 2011. Niente camicie bianche, su quel palco, anche perché faceva un freddo notevole mentre calava la sera su San Giovanni. Giacche scure e cravatte rosse piuttosto, roba che non ispirò pindarici voli letterari. Ma pazienza.
“Ricostruzione”, era la parola chiave di quella manifestazione. Altri tempi, tempi di macerie, macerie su cui non si voleva vincere, allora. Il berlusconismo di governo agonizzava, la sinistra europea accettò di venire su quel palco per aiutarci a dare l’ultima spinta. Ci riuscimmo. Pochi giorni dopo quella sera a San Giovanni, il Cavaliere saliva al Quirinale con la lettera di dimissioni.
Ricordo un dettaglio di quella manifestazione con Sigmar Gabriel, il tedesco leader del più antico e grande partito della socialdemocrazia europea, che ci chiamava “compagni” in italiano, e Francois Hollande, nel pieno della sua campagna elettorale, che alla fine decise per un video che nella redazione di Youdem passammo la serata precedente a tradurre e sottotitolare. Ricordo che qualche giorno prima alcuni dirigenti del Pd alzarono il sopracciglio, per questa cosa che Bersani, incontrandoli alla Conferenza dei progressisti di Madrid, aveva incontrato e invitato personalmente i due leader della sinistra di Francia e Germania, i due paesi in quel momento bestie nere del Cavaliere. Eh sì, aveva osato invitare due socialisti, il segretario del Pd. Il che venne ritenuto disdicevole e lesivo del pluralismo e degli equilibri interni del partito, mannaggia.
La grana arrivò a strettissimo giro sul tavolo di Lapo Pistelli, responsabile esteri del partito, che in poche ore fu prodigiosamente in grado di esibire un invito accettato al vicepresidente della Dc cilena, Jorge Burgos, che fu sul palco anche lui con noi quel giorno a prendere applausi in nome delle future vittorie dei progressisti. Il che intendiamoci rese più bella e ricca la manifestazione.
Senza camicia bianca, però. Perché lo scrivo? Perché sono belle le foto di ieri, perché camicia bianca la trionferà. Ma quel minimo di memoria che non ci porti ad attribuire a chi la indossa anche l’invenzione delle asole, è bene che sopravviva.

Quello che non ho
è una camicia bianca
quello che non ho
è quel che non mi manca
quello che non ho
sono le tue parole
per guadagnarmi il cielo
per conquistarmi il sole
(Fabrizio De André)

Signora libertà, signorina fantasia

Lasciamo perdere Fanfani, che io vorrei essere abbastanza brava da scrivere un pezzo che gli renda giustizia e spieghi come Amintore Fanfani sarebbe esattamente il presidente del consiglio e il leader politico che servirebbe adesso all’Italia: riforme vere, no chiacchiere, roba di sinistra come nazionalizzazioni e piano casa, che se le facesse qualcuno oggi farebbe impallidire Chavez; ricostruzione dell’economia di un paese e delle sue istituzioni democratiche, organizzazione di un vero e moderno partito popolare di massa, l’unico momento, forse, della storia d’Italia in cui la politica è davvero stata più forte dell’antipolitica. Altro che Rieccolo, altro che vostra moglie scapperà con la cameriera. Non ci si può mica fermare sempre alla prima riga della pagina di Wikipedia, Gesù.
Lasciamo perdere Fanfani, dicevo: ma almeno De André. Fiumi d’inchiostro e nessuno che noti e faccia rispettosamente notare al ministro Boschi che cos’è quella canzone: una lettera aperta a un grande amore che forse muore e però non morirà mai e sempre torna a esistere come un miracolo, ma un amore che non è una donna: è l’anarchia.
Ascoltatelo un po’ De André, benedette ragazze, se proprio volete citarlo. Perché è un po’ difficile motivare un richiamo all’ordine e alla disciplina citando una frase di De André, e tuttavia passi, che tanto qua vi fanno passare tutto. Ma se proprio dovete citarla, almeno evitate di citare “Se ti tagliassero a pezzetti” proprio il giorno che avete deciso di mettervi un tailleur grigio fumo.