Pd, abbiamo un problema: il governo vuole il plebiscito

(questo post è uscito anche su Huffington post Italia)

Mi chiedevo stamattina, e i giornali non mi avevano aiutato a capire, come avrebbe fatto il governo a dar seguito al tweet del ministro Boschi, cioè ad assicurare che il referendum confermativo sul nuovo senato si svolgerà “comunque”, anche se la modifica costituzionale sarà approvata con la maggioranza dei due terzi. L’articolo 138 della costituzione infatti è molto esplicito: “Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti”.
Un amico senatore, Salvatore Margiotta, mi aveva raccontato su twitter che anche Roberto Calderoli ieri ha posto il problema in Aula, immaginando una modifica al 138 da approvare prima del nuovo senato; una via un tantino macchinosa, e infatti avevamo sghignazzato sull’eventualità di otto votazioni (due doppie letture) e poi un referendum sul referendum, nel caso la modifica al 138 non avesse raggiunto il quorum necessario.
Adesso, sull’Huffington post, il senatore Andrea Marcucci svela invece qual è il vero piano del governo. “Un accordo politico che ci impegni a non raggiungere i due terzi nelle letture determinanti”. La soglia prevista dal 138, infatti, è per Marcucci “un obiettivo possibile in seconda lettura. Perciò impegniamoci per non raggiungerlo”. È un piano la cui genialità non può essere sottaciuta: basta con le riforme condivise e la ricerca di accordi, questa è roba da vecchio Pd. La nuova politica è un’altra cosa, e peccato per chi non la capisce: cercare di non avere la maggioranza dei due terzi anche se sarebbe possibile, questa è la nuova politica.
Si scherza, ma mica tanto. Perché zittire il parlamento con le tagliole (vere o minacciate, in questo caso la forma è sostanza) e nello stesso giorno affidarsi, come titola giustamente l’Huffington, al giudizio del popolo, è una scelta politica chiara e si muove dentro una cultura politica precisa. Mi rifiuto, a scanso di equivoci, anche solo di considerare l’idea di chiamarla autoritarismo; ma certamente è una scelta che va nella direzione del superamento della democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare. Temo che questa cultura politica non sia quella condivisa nel Partito democratico, e mi chiedo se sono la sola a pensarlo. Di sicuro, non è la mia.
Ho considerato un errore la strategia ostruzionistica che è stata adottata dalle opposizioni in senato, non solo per gli aspetti grotteschi che spesso assume questa (pur legittima, e altre volte utilizzata) tattica parlamentare, ma proprio perché penso che abbia offerto al governo l’alibi per questo tipo di reazione violenta contro i “gufi” e la “palude”. Tuttavia riformare la costituzione nel modo in cui il governo si sta proponendo di fare (parlo di metodo, che come ho già scritto m’importa anche poco se i senatori saranno eletti o no, e so bene che il senato ha già lavorato sulla proposta originaria migliorandola), e cioè manipolando l’articolo 138 per una prova di forza di stampo plebiscitario che ne tradirebbe inevitabilmente lo spirito, è una forzatura inaccettabile per la mia cultura politica. Non sarà un colpo di stato, ma spero che provochi qualche colpo di reni.

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