Una generazione di cattolici impolitici

Antefatto: Lucetta Scaraffia, dalle colonne del Messaggero, si rivolge a Pier Luigi Bersani a proposito del suo libro intervista “Per una buona ragione”, in cui il segretario del Pd esprime contrarietà a sancire per legge il diritto alla procreazione per le coppie omosessuali, ma accetta poi di confrontarsi con il tema di come tutelare i diritti dei minori che “di fatto” vivono e crescono con due persone dello stesso sesso. È uno “slittamento etico”, secondo l’intellettuale cattolica. In nome dell’equità, sostiene Scaraffia, Bersani finisce per sostenere il contrario di quanto aveva detto di ritenere in via di principio. Ora (anche sorvolando sul non trascurabilissimo fatto che anche l’equità è un principio), sul punto ha già detto Bersani qualche giorno dopo sullo stesso quotidiano: della necessità di mediare tra i principi e la realtà come compito specifico della politica; e dell’obiettivo di una politica orgogliosa della propria autonomia e del proprio ruolo, consapevole del proprio limite, ma non priva di una bussola valoriale. Nel mezzo, sempre sul Messaggero, una bellissima riflessione di Domenico Rosati, già presidente delle Acli e senatore indipendente dc, figura autorevolissima del cattolicesimo democratico, sulla responsabilità dei laici nella mediazione tra i principi e le norme, e sul criterio di umanità come bussola per orientare le scelte di politici credenti e non credenti, quando dal campo delle enunciazioni astratte si scende a fare i conti con le persone concrete e i loro problemi. 
Questo scambio già così ricco suggerisce però un’ulteriore riflessione, che forse non sbaglio a definire di metodo, e che forse è una premessa necessaria per quella discussione che Bersani si augura di aprire grazie all’intervento di Scaraffia, e pare di capire non solo con lei. Mi chiedo infatti: qual è la via alternativa che la Chiesa suggerirebbe a un politico, magari cattolico, che volesse risparmiarsi lo “slittamento etico” ad avviso di Scaraffia consistente nell’accettare di regolamentare per legge una situazione di fatto che contrasta con le sue convinzioni etiche? Dovrebbe forse, quel politico cattolico, lavorare a una legge che stabilisca che i bambini delle “famiglie arcobaleno” hanno meno diritti di quelli delle famiglie tradizionali? Si comporterebbe così, come legislatore, in maniera più etica? Oppure, da parte sua, ignorare il problema sarebbe moralmente più lecito che accettare di farci i conti? Lasciar decidere ad altri politici, di altri partiti o del suo, rinunciando a dire la propria, sarebbe più conforme all’insegnamento della Chiesa? E servirebbe a difendere i principi che la Chiesa sostiene, e che magari egli stesso (parliamo sempre del famoso politico cattolico) condivide?
Il terreno della politica è fatto così, come ci ricorda anche Rosati e come il Concilio ci ha insegnato: la politica è il campo non certo del relativismo o dell’assenza di principi, ma di una mediazione tra i principi e le norme che non è mai acquisita una volta per tutte, frutto di un costante misurarsi coi problemi. E cercare questa mediazione è un dovere e un diritto di tutti, di chiunque fa politica, non solo di alcuni. Perché non c’è chi sta in politica per rappresentare i principi e chi invece deve misurarsi coi problemi, e può per questo concedersi “slittamenti etici” ad altri preclusi. E del resto non mi pare che sarebbe interesse neppure della Chiesa abbandonare la ricerca delle soluzioni ai problemi più controversi nelle mani di chi non ne condivide i principi.
Sento spesso ripetere, da parte dei nostri vescovi e anche dal papa, che è necessario che sorga una nuova generazione di politici cattolici. È un’esortazione che deve farci riflettere tutti: su quanto ereditiamo dall’immenso patrimonio di cultura e di valori che generazioni di laici cristiani hanno donato all’Italia e sulle nostre responsabilità verso le generazioni future. Ma proprio in nome di questa eredità e di questa responsabilità credo sia nostro compito oggi dire alla Chiesa che se quelle due parole, “politico” e “cattolico” diventano un ossimoro, allora c‘è poco da sperare che una nuova generazione di ossimori possa farsi spazio.

(per il sito Left Wing, 12 giugno 2011)

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