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Aiuto, mi si è ristretto l’Italicum (Milano e Diamanti, nel senso di Ilvo)

Dopo una fase di scapigliata insofferenza per le “derive politologiche” (in particolare se ascrivibili alla minoranza Pd), il Maestro Stefano Folli torna a temi a lui più congeniali lanciando un accorato appello dal sapore ultimativo, se non disperato, sui rischi dell’Italicum. Io non so se, come scrive il Maestro, la nuova legge elettorale fosse davvero “un sistema concepito per consolidare il trionfo della nuova era renziana” che ora rischia di ritorcersi contro i suoi stessi autori. Non mi permetterei mai di dirlo: che Folli è un Maestro, a me i renziani se scrivo così me menano. So però che, ben prima che i sondaggi di Ilvo Diamanti ce ne svelassero le insidie, analoghi avvertimenti (politologici s’intende) erano venuti – inascoltati per non dire disprezzati e silenziati con procedure parlamentari del tutto inedite – anche dall’interno del partito del premier. Continua a leggere

Diamanti e il renzismo preterintenzionale di Repubblica

Bello il pezzo di Ilvo Diamanti oggi. È vero, non ha senso accusare Renzi di autoritarismo o di attentato alla Costituzione. La personalizzazione della politica è un processo globale, ormai la politica è così, ha cominciato Craxi, figuriamoci.
E vabbè. Poteva almeno aggiungere “tant’è vero che pure noi a Repubblica ormai ci siamo stufati di contrastare questa roba, che quando c’era Berlusconi ci saremmo incatenati a largo Fochetti per molto meno, per non dire di quando c’era Craxi, che ci saremmo incatenati a piazza Indipendenza”, ma si sa lo spazio è tiranno (e comunque giustamente Diamanti evita, di nominare l’Innominabile).
Poteva aggiungere “c’è stato in questi anni chi in effetti ha cercato di contrastare questa deriva, di restituire a questa democrazia per caso uno sviluppo coerente con le premesse della Costituzione, ed è stato uno sforzo titanico, ma in pochi gliel’hanno riconosciuto e l’hanno sostenuto, perché in fondo un po’ di innamoramento direttista, innestato su quel fondo di antipartito, ce l’abbiamo sempre avuto anche noi di Repubblica, altroché se ce l’abbiamo avuto”, ma vabbè, che pretendiamo.
Niente, ha vinto Renzi e Repubblica è contenta. Senza avere inventato nulla, che gli inventori son stati altri. Senza avere un’idea di come dare “senso al caos”, che il caos gli va benissimo così, e il suo PdR nel caos ci si trova da dio.
Magari non diciamo che è così in tutto il resto d’Europa almeno, professore. Nel resto d’Europa non ci sono i partiti personali, ma partiti che sopravvivono ai loro leader, anche ai più forti, e meccanismi per sostituire i leader. Nessuno elegge il premier né pensa lontanamente di farlo. Nessun partito si chiama Pdr, la Cdu non si chiama CdMerkel, e così via.