Monthly Archives: February 2017

Alcune cose sparse sulla scissione

Sono giornate impegnative, da molti punti di vista. Ho pensato e detto delle cose; ve le lascio qui in attesa poi di metterle in ordine.

Questa è l’intervista che mi ha fatto Pierluigi Mele per il sito di Rainews. “Siamo ancora in tempo a fermare la deriva di Renzi“.

Qui invece c’è il video della mia partecipazione a Otto e mezzo ieri sera con Dario Nardella, Evelina Christillin e ovviamente Lilli Gruber. “Bersani – Renzi, l’ultima sfida“.

Infine, siccome ogni tanto scatta quella meravigliosa cosa che qualcuno scrive quello che stai pensando e come ti senti meglio di come lo faresti tu, faccio una cosa che non faccio mai e pubblico qui sotto un post della mia amica Monica Nardi. Perché non so come si chiamerà e quando ci riusciremo; ma noi lo rifaremo, il Pd. Continua a leggere

Se per sbaglio al congresso del Pd si parlasse di politica

Nessuno sa veramente cosa dirà tra qualche ora Matteo Renzi, ma è probabile che la direzione di oggi apra per il Pd il percorso del congresso. Se così sarà, due narrazioni sembrano prepararsi per accompagnare la lunga procedura di rinnovo della leadership democratica: da un lato quella classica della “Babele”, di un partito litigioso e sfarinato dall’eterno scontro correntizio, e dall’altro quella della “vendetta”, della “resa dei conti” che prepari il ritorno di un Matteo Renzi rilegittimato dal “suo” popolo: “Ci divertiremo”, filtrano già le gazzette più informate sul Palazzo, rendendo il tipico approccio tra irridente e minaccioso al quale ci ha abituati la leadership uscente. “E chi perde rispetti chi ha vinto”, come se in un partito non fosse altrettanto necessario, se non più importante, anche il contrario.

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Gabbani’s karma batte Hillary Mannoia. Nel modo giusto

Su Francesco Gabbani e Carrara avevo scritto tutto un anno fa: l’ho ripubblicato l’altra sera e ha portato bene, così mo’ ve lo beccate di nuovo.
Cosa aggiungere? Stanotte, nonostante una giornata particolarmente lunga, ho aspettato la fine dell’estenuante finale. Ero quasi sicura che avrei dovuto votare di nuovo per Francesco dopo mezzanotte, e sapevo che poteva vincere (sì, sono un po’ il Messori della canzonetta: in segreto l’avevo previsto). L’ho seguito poco: era un festival particolarmente noioso e insincero, un po’ disorientato e senza quid (che il Festival è sempre specchio del paese, si sa). Livello delle canzoni, basso. Metà dei big francamente ignoti, penso non solo per colpa della mia anzianità. Quando l’altra sera sono usciti fuori il maglioncino arancione di Francesco, la scimmia e la loro danza leggera, furba e sorridente – e forse anche un po’ seria – come il loro testo, ci siamo tutti risvegliati sul divano. Non so se è per questo che ha vinto, ma Francesco Gabbani è un giovane, non uno che fa il giovane. È uno che sa sorridere con intelligenza, ancorché démodé (fatela voi la rima panta rei / e singing in the rain, se vi riesce). Ti lascia il dubbio di aver capito qualcosa che noi non sappiamo, su questi tempi. E comunque ha una marcia in più. Sa che la leggerezza non è per forza banalità, e viceversa.
È stato bello che abbia vinto contro Fiorella Mannoia. Ho letto tante scemenze, a me non frega niente di come vota la Mannoia. L’ho sempre trovata insopportabile così quando era l’emblema della sinistra settaria e moralmente superiore come adesso che si dichiara grillina, non so se pentita. Insopportabile su twitter (l’ho dovuta defolloware per non insultarla) e meravigliosa, intendiamoci, come cantante. La sua canzone, interpretata con la solita abbacinante perfezione, era appunto, banale e pesante. Era un sermone col ditino puntato, un distillato di politicamente corretto. Meritava di essere sconfitta da una scimmia che balla. Tutto qui. La Mannoia era la Hillary Clinton di questo Festival. E come accade spesso alle Hillary Clinton, era talmente perfetta e pronta per vincere che non ha vinto.
E però mi è piaciuto vederli aspettare il verdetto sottobraccio l’uno all’altra, come una zia col nipote. Mi è piaciuto vedere lui imbarazzato e poi inchinato al cospetto della regina sconfitta. È stato giusto. È così che dovrebbe essere. È così che il futuro dovrebbe abbracciare il passato: con questa allegria e con questa umiltà. E viceversa, l’ho già detto. Per questo ringrazio Francesco anche quest’anno, oltre che per tutto il resto: per la sua buona educazione, per il suo senso delle cose e delle loro proporzioni. Per la sua maturità.