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Corbyn e l’ideologia postideologica

(questo post è stato scritto il 13 settembre 2015)

La morte del New Labour, hanno detto. Non vincerà mai più la sinistra in Inghilterra, hanno scritto. “Mai-più”. Tipo nemmeno se cambia segretario il laburismo riuscirà un giorno a riscattarsi da quest’onta, capito? Sull’elezione trionfale di Jeremy Corbyn i blairisti anonimi, annidati come si sa tra i più autorevoli editorialisti italiani, hanno davvero dato il massimo – del resto era stato il loro mito, Tony Blair in persona, a suonare la carica (a proposito, visto quanto è ancora seguito e amato dalla base il vecchio Tony? Ammappalo, dicono a Roma).
Ma c’è una cosa che mi colpisce più di questo prevedibile stracciarsi le vesti collettivo. Sono gli articoli più originali e controcorrente: quelli di Lucia Annunziata e di Gad Lerner. Non vincerà mai ma vale la pena, scrive Lucia. Non vincerà mai, ma chi l’ha detto che l’unica cosa che conta sia vincere, scrive Gad. Continua a leggere

Sapessi com’è strano (concludere la festa a Milano)

(questo post è stato scritto il 7 settembre 2015)

Ieri non ho potuto seguire il discorso del segretario in diretta, però giuro oggi ho letto tutti i giornali. E tuttavia non ho mica capito cosa ha detto Matteo Renzi al comizio di chiusura. Anzi, sono molto confusa. Non so se potete aiutarmi.

1) Prima di tutto non ho capito quanta gente c’era. Nei titoli i giornali scrivono tipo “bagno di folla” o “popolo del Pd” o robe così, però poi nei pezzi c’è scritto pudicamente che l’area della festa è molto piccola e che a sentire Renzi c’era “qualche centinaio” di persone. Cioè volete dire dieci volte meno gente che a sentire Bersani a Campagnola Emilia nel luglio scorso (è un esempio eh)? No, dai. Dicono i giornali che Milano è stata una scommessa, a Milano non è facile. E però mica è piccola Milano eh. E poi non è per niente vero che a Milano “non c’è tradizione”. Io ci sono stata alla Festa di Milano. Era una festa grande, con gli stand e i ristoranti, tradizionale, etnico, valtellinese, magari non grande come Reggio o Modena ma nemmeno la più piccola festa del Pd mai vista da anni, ancora più piccola mi dicono di quelle che faceva la Magherita a Lerici o a Porto Santo Stefano. Che poi intendiamoci, si può anche decidere di fare una festa piccola, per carità: basta che poi il giorno dopo poi non dici che “il popolo” ha parlato. Ma vabbè, “bagno di folla”, dicevamo. Però il giro delle cucine non l’ha poi fatto il segretario, “per evitare rischi”, dicono sempre i giornali. Boh. Continua a leggere

Da che pulpito, Lanzillotta

Mi dicono che la senatrice Linda Lanzillotta ieri avrebbe dichiarato che “anche con Bersani segretario nel Pd c’era qualuno che si sentiva a disagio”.

Solo per la cronaca, ricordo che l’elezione di Pierluigi Bersani a segretario del Pd venne ratificata dall’Assemblea nazionale il 7 novembre 2009. La senatrice Lanzillotta, oggi ancora tale grazie alla rielezione nella lista di Scelta civica e presumibilmente a suo agio come vicepresidente del senato, uscì dal Partito democratico per aderire all’Api di Francesco Rutelli l’11 novembre del 2009, quindi dopo aver sopportato stoicamente ben quattro giorni di disagio.

Lezioni greche: come fa a finire una democrazia

Ho appena finito di leggere “Socrate, per esempio”, il nuovo libro di Mariangela Galatea Vaglio. Leggetelo anche voi, portatelo in spiaggia, parlatene ai bambini. Vi divertirete voi, farete un regalo a loro. Io l’anno scorso l’ho fatto, col libro precedente, quello di Didone, ed è andata così: meglio di Beautiful. Che Galatea a storytelling non la batte nessuno. Ma mo’ volevo dirvi un’altra cosa.  Continua a leggere

Cose positive fin da adesso del referendum greco, comunque vada/2

E niente, Junker continuava a trattare, Tsipras anche, l’Eurogruppo si doveva riunire, ma sono intervenuti la Merkel e Schaeuble a dire che le trattative sono sospese fino a dopo il voto di domenica. Grazie al referendum greco, si chiariscono dunque altri due punti fondamentali.

1) chi decide in Europa. (ok, lo so che lo sapevate ma così non possono manco più dire che non è vero e sostenere che le istituzioni europee e le riunioni che fanno a Bruxelles contano qualcosa).

2) il problema (di quelli che decidono) non è mettersi d’accordo con Tsipras, il problema è buttare giù il governo Tsipras, poi se ne riparla. Perché? Perché in Europa è proibito governare da sinistra. Non si può, e basta. (In Italia ce n’eravamo già accorti, alcuni di noi. Ma quando lo diciamo ci sfottono. Chissà perché). Ah, se in Europa ci fosse ancora la sinistra. Quante je ne direbbe, a quelli che decidono.

(Continua, forse)

Cose positive fin da adesso del referendum greco, comunque vada

1) Mai visti in giro così tanti fans della democrazia rappresentativa e della mediazione politica. Addirittura Gesù e Barabba, bravi. Un altro paio di referendum così e va a finire che dite qualcosa di positivo anche sui partiti. Erano anni che aspettavo un momento come questo.

2) Un sacco di stronzi egoisti con un cervellino più piccolo del cuore si stanno rivelando pubblicamente come tali. Segnate tutto. Poveracci. 

3) Comunque vada, da buon referendum, non risolverà il problema. Di conseguenza, i punti 1 e 2 ci torneranno utili. 

(Continua, probabilmente) 

Repubblica e il plebiscito

“In altri tempi queste spinte al plebiscito fuori dal parlamento avrebbero incontrato la feroce opposizione della sinistra cattolica e degli ex comunisti all’interno del Pd. Ma i tempi sono cambiati, e molti pensano a recuperare un posto in lista per tornare in parlamento”.
Così, duro, Stefano Folli bacchetta su Repubblica gli imbelli della minoranza Pd, e anche gli imbelli passati in maggioranza. Parole sacrosante, che condivido. Tant’è vero che io, che Renzi voleva il plebiscito, l’avevo già scritto qui quando ancora vigeva il Patto, e qualcuno dei miei amici nel Pd mi aveva anche un po’ rimproverato di essere la solita esagerata. Che volete, sono della sinistra cattolica. E soprattutto non ho posti né da perdere né da recuperare.
Ma Repubblica, mi chiedo. “In altri tempi”, che avrebbe detto Repubblica? Avrebbe bacchettato chi non si oppone al plebiscito, o avrebbe bacchettato chi vi ricorre umiliando il parlamento? Avrebbe messo in campo la sua forza, avrebbe sollevato l’opinione pubblica, avrebbe agito per fermare la deriva? Sono cambiati i tempi per Repubblica? Avrà mica anche lei qualche posto da recuperare? Lo chiederei volentieri a Stefano Folli, ma lui stava al Sole 24 ore.

Difendere il parlamento ai tempi della seduta fiume

Questo post è stato scritto per Huffington post Italia

Quando ieri sera ho dato l’ultima occhiata prima di andare a dormire, i tweet dei deputati raccontavano che l’atmosfera in aula era serena, e che era in corso un bel confronto tra il mio amico Roberto Speranza e i grillini sulla differenza tra democrazia parlamentare e democrazia referendaria. Naturalmente Speranza, che mi rappresenta totalmente, stava spiegando che il Pd sostiene la prima, e illustrava i rischi e le contraddizioni della seconda. I grillini infatti proponevano il referendum confermativo senza quorum, e il capogruppo spiegava che questo avrebbe snaturato il nostro modello democratico, cosa che il Pd non vuole.
Stamattina, quando ho letto che stanotte alle tre è scoppiata la rissa – una crisi di nervi alle tre di notte quando sei dentro un manicomio dalle nove di mattina può capitare – e l’aula è finita in vacca un’altra volta, l’ennesima in questi giorni, mi sono tornati in mente i tweet di ieri sera, e quelli che avrei voluto fare io in risposta ma non ho fatto perché voglio troppo bene a Speranza. E cioè: amici del Pd, ma è mai possibile difendere la democrazia parlamentare e intanto sottoporre il parlamento a ciò a cui viene sottoposto a queste ore? Pensate che da casa distinguano tra le vostre ragioni e quelle degli altri quando vi vedono menarvi e insultarvi sugli scranni? Pensate che si salvi qualcuno, agli occhi di chi vi guarda da fuori? Pensate che la gente pensi: ah, che bella la democrazia parlamentare? Continua a leggere

La prevalenza del cafone

“Quelli – spiegano al Nazareno – hanno solo il problema di farsi rieleggere i loro e stanno facendo una battaglia nella speranza di avere una quota garantita dalla segreteria quando verrà il momento delle elezioni, non certo per ottenere delle preferenze che non hanno”.

Non so a voi, a me succede sempre più spesso. Quando leggo retroscena sulla legge elettorale, come questo, in cui il disprezzo evidentemente non è solo per la logica delle argomentazioni.
Quando apprendo che i senatori di un partito abbandonano il partito ventiquattr’ore prima del congresso del partito.
Quando vedo che un padre della patria e un alleato imprescindibile diventa un vecchio babbione infrequentabile appena osa esprimere un dissenso o un disagio.
Succede, insomma, che mi chiedo: ma non sarà per caso che qui, prima ancora che un problema politico o strategico, non sarà per caso che abbiamo un gigantesco problema di maleducazione?

Rassegna Quirinale/3: tutto chiaro

È lunedì, oggi poca roba. Ma per avere un’idea chiara su cosa sta succedendo, basta scorrere i titoli dei due principali quotidiani. Dopo lo strappo di Cofferati, questa è dunque la situazione nel Pd a dieci giorni dal primo voto per il Colle:

Corriere della Sera: “Renzi preoccupato, ma non dà spazio alla minoranza”.
Repubblica: “Renzi – Bersani, patto a due per scegliere il candidato”.

E con questo, direi che per oggi siamo a posto. (Vabbè).