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Risposta a Franco Bassanini

Non c’è una sola riga nel mio post di ieri che giustifichi l’accusa di aver confuso le riforme del 1997 con quella del Titolo V, e le offese alla mia professionalità da essa scatenate. Non so a che tipo di giornalisti sia abituato Bassanini, ma io non sono una sprovveduta. Rassicuro l’ex ministro: in vent’anni di giornalismo ho imparato varie cose: per esempio, a usare Google.

Se Franco Bassanini non ha avuto parte nell’elaborazione e nell’approvazione del nuovo Titolo V sono pronta a scusarmi. Altrimenti, dovrebbe farlo lui.

(A titolo puramente esemplificativo, pubblico qui un autentico Bassanini del 2002).

C’è anche una sinistra che ha sempre ragione

Ricordate come si chiamava la riforma del Titolo V con cui nel 2001 il centrosinistra cambiò la Costituzione “in modo occasionale e sbagliato” (cito alla lettera l’editoriale odierno del direttore del Corriere della sera) e che la riforma Boschi smantella invertendone l’ispirazione di fondo (cioè spostando poteri dalle regioni allo stato, tanto quanto l’altra spostava poteri dallo stato alle regioni)? Si chiamava Riforma Bassanini.

E chi spicca tra i nomi di spicco della lunga lista di 184 magnifici professori (per la verità quasi nessun costituzionalista) schierati col solito low profile da Renzi a favore del Sì alla Riforma Boschi? Il numero uno, il primo, leggo sempre sul Corriere, è proprio lui: Franco Bassanini.

Che invidia. Oltre alla sinistra che ha sempre torto, ce n’è dunque anche una che ha sempre ragione. Che nessuno manda in Siberia e che non viene rottamata mai. Iscriversi a questa lista di baciati dalla sorte, oltretutto, è facilissimo: #bastaunsi, ed è fatta.

Argomenti costituenti. La campagna del Sì

Rapida rassegna degli efficacissimi argomenti con cui sostenitori della riforma Boschi, taluni anche professionalmente accreditati, stanno rispondendo al pacato documento dei 56 costituzionalisti che qualche giorno fa si sono schierati per il No.

  • Siete dei vecchi babbioni.
  • Avete tutti delle gran belle pensioni.
  • Non avete mai riformato niente in vita vostra.
  • La riforma ce l’ha chiesta Napolitano.
  • Ce l’avete con Renzi perché prende in giro i vostri convegni con le tartine.
  • Rosicate con la Boschi perché non vi ha dato una consulenza.
  • La gente è incazzata per via che girano pochi soldi e ogni tanto arrestano un politico, qualcosa dovevamo inventarci.
  • Se non si approva questa riforma, chissà quando ci ricapita.
  • Non sarà un granché, ma da questo parlamento che cacchio pretendevate.

Sono effettivamente argomenti fortissimi. Mi sento pervasa di spirito costituente. Non vedo l’ora che arrivi ottobre, per scrivere sulla scheda il mio voto: “gnègnègnè”.

Aggiornamento: per chi volesse approfondire la questione qui succintamente accennata, suggerisco la lettura di questo meravigliosissimo pezzo di Marco Damilano.

Sul referendum avevamo deciso insieme? (Fact checking)

È una polemica fantastica questa sulle firme per il referendum costituzionale. Firme che peraltro sono state già raccolte e depositate dai parlamentari che hanno votato contro la riforma e che sosterranno il no. Questione chiusa insomma: il fatto non sussiste. E però ora ci vogliono anche le firme per il sì, una specie di prova d’amore per Matteo Renzi, che infatti si arrabbia con la minoranza Pd che non firma. Perché, dice da Città del Messico coi toni di un innamorato tradito, “sul referendum avevamo deciso tutti insieme, se qualcuno ha cambiato idea mi dispiace”. Anche se, aggiunge, perché anche gli innamorati hanno la loro dignità, quel qualcuno “non conta niente”. Questi son sentimenti di contrabbando, lo sappiamo.

Ma è proprio vero che avevano deciso tutti insieme? Ora può anche essere eh. Non è che a noi elettori devono per forza dire sempre tutto. Tuttavia, a me non risulta. Tanto che ricordo benissimo che, a patto del Nazareno ancora vigente e maggioranza dei due terzi ancora assicurata, sentii per la prima volta questa storia che il governo il referendum lo voleva comunque a costo di chiedere a una parte della maggioranza di votare contro la riforma volontariamente in terza lettura. Era la ministra Boschi a fare questo annuncio, nell’aula del senato e poi naturalmente su twitter, il 24 luglio del 2014. La cosa fece un certo scalpore, anche tra i senatori. Quanto a me, pensai che così diventava un plebiscito, mi arrabbiai moltissimo e scrissi questo post.