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Qualche grosso dubbio su Berlusconi “moderato”

Pubblicato su Il Foglio il 14 giugno 2023

Quanto piace ai giornalisti (piaceva anche a lui) la favola di “Berlusconi moderato”. Il leader dei moderati, anzi.

Berlusconi non è stato mai moderato in niente. Nel male, e a volte perfino nel bene. Limiti non ne ha mai conosciuti o riconosciuti, che fossero la Costituzione o un po’ di continenza (“si contenga”, solo agli altri), che fosse il tempo che passava o le tasse da pagare o la verità nel dire. Confini, nemmeno: nessuna destra è stata mai troppo di destra per lui.

Talmente senza limiti da essere riuscito a far credere all’immensa bugia che gli estremisti di cui aver paura, in Italia, fossero gli ex Pci: gente che nell’Ulivo era perfino più timorata e prudente degli ex democristiani.

Berlusconi ha vinto per tanti motivi, ma tra quei motivi non c’è che era moderato. Berlusconi ha vinto perché aveva vinto da prima, perché l’Italia era diventata simile a lui, anche a causa di lui.

Berlusconi ha vinto nella testa dei suoi avversari, quelli che ha convinto che lui vinceva perché era un gran figo e che per vincere fosse necessario essere come lui: “Il Pd dovrà essere una Forza Italia di sinistra”, dicevano, li ricordate?

Berlusconi ha vinto non perché sapeva comunicare, ma perché era la comunicazione e la comunicazione era sua, e ha convinto l’Italia che la sua comunicazione fosse l’unica possibile e non che contenuti diversi vanno anche comunicati in modo diverso: “La sinistra non sa comunicare”, dicevano, li ricordate?

Berlusconi è stato un avversario formidabile, che all’inizio a sinistra è stato sottovalutato pensando che prenderlo in giro per il parrucchino e i tacchi potesse funzionare. E però incredibilmente la sinistra lo ha battuto due volte, gli ha vietato l’accesso al Quirinale direttamente o per interposta persona, lo ha respinto nei referendum. Facendo alleanze, percorsi: politica. Ma intanto qualcuno aveva cominciato a pensare che la sinistra fosse piena di perdenti da rottamare, e che per vincere bisognasse invece essere bravi, bravi come lui. E invece bisognava essere bravi, bravi ma diversi: l’opposto di lui.

Comunali, sfida aperta. Le partite di Roma e Milano

Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (Il Tirreno, La Gazzetta di Mantova, Il Mattino di Padova, Il Piccolo, Il Centro, La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Modena, Alto Adige, Il Trentino, Il Messaggero Veneto, La Nuova Sardegna, La Nuova Venezia, La Città di Salerno e altri)

Too close to call. A poche ore dalla chiusura delle liste, e a un mese esatto dal voto, diversi sondaggi (Tecné, Ixé, Ipsos e altri, reperibili anche su internet) fotografano una situazione incerta e scientificamente non prevedibile. Nelle due “capitali” di questa tornata amministrativa, Roma e Milano, nessuno azzarda previsioni. A dire il vero, le cose stanno in modo molto diverso: a Milano si profila una sfida tradizionale, con un ballottaggio incertissimo tra centrodestra e centrosinistra; a Roma nessuno mette in dubbio la partecipazione di Virginia Raggi al secondo turno; è dietro di lei che, nello spazio di un paio di punti percentuali, combattono al buio il candidato del Pd e i due esponenti di una destra divisa. Continua a leggere

Bertolaso e la forza delle cose

Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (Il Tirreno, La Gazzetta di Mantova, Il Mattino di Padova, Il Piccolo, Il Centro, La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Modena, Alto Adige, Il Trentino, Il Messaggero Veneto, La Nuova Sardegna, La Nuova Venezia, La Città di Salerno e altri)

Gazebarie, Bertolarie e promesse di Berlusconi non sono bastate: la candidatura di Guido Bertolaso a sindaco di Roma si ferma qui, dopo l’ennesima gaffe e il millesimo sondaggio impietoso. Il Cavaliere endorsa Alfio Marchini, e forse non poteva finire diversamente. Se questo prefiguri un centrodestra che torna competitivo nella Capitale e come cambi – o non cambi più di tanto – i destini della sfida tra i front runner Giachetti, Meloni e Raggi (in ordine alfabetico) lo diranno, nei prossimi giorni, i sondaggi e il clima della campagna. La svolta di Forza Italia, o di ciò che ne resta, intanto però ci dice una cosa. Che non riguarda tanto, come si ritiene, il destino dei moderati, quanto il fatto che la politica ha le sue leggi e una di queste, non la meno importante, è che nessun leader può prescindere dalla forza delle cose. Un partito è un partito è un partito, direbbe il poeta. Per quanto “di plastica”, o proprietario, o in crisi. Continua a leggere