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Caro Pd, una domanda: non era meglio Franceschini?

Sui nuovi presidenti delle camere, qualche considerazione.

  • questa non è la prima repubblica, questa è la proporzionale. Con la proporzionale devi fare politica. Fare la tifoseria non basta più. Salvini (soprattutto) e Di Maio hanno fatto politica. Politica significa: rapporti di forza, un obiettivo da raggiungere e un po’ di fantasia.
  • cambia tutto, ma la politica ha sempre le sue regole. Nella prima repubblica la “mossa Bernini” sarebbe stata fatta pari pari, con una piccola differenza: nessuno ne avrebbe parlato. Niente Salvini in Sala stampa, niente comunicato di Berlusconi infuriato. Però sarebbero apparsi lo stesso quei cinquantasette voti, e tutti avrebbero capito. E sarebbero iniziate le stesse telefonate e le stesse riunioni nel centrodestra. E sarebbe finita nello stesso modo: l’unico in cui poteva finire. Salvando il centrodestra o almeno le apparenze con un compromesso che tiene conto dei nuovi rapporti di forza interni.
  • la politica ha le sue regole: se Salvini avesse voluto presidente del senato la Bernini, ieri avrebbe votato la Casellati. Peccato: preferivo la Bernini.
  • #seceralaBernini fra l’altro ci saremmo potuti divertire un sacco a condividere se eravamo indignati i meme su suo cugino Gian Lorenzo a cui il comune di Roma ha appaltato piazze, fontane e palazzi. Mannaggia.
  • a differenza che nel 2013, i grillini sembrano in condizione di entrare un minimo nelle dinamiche politiche. Tenendo conto dei rapporti di forza, hanno eletto il presidente di una camera e un “meno peggio” del centrodestra nell’altra. Questa cosa, che il Movimento faccia politica senza bisogno di presidentarie e altre sciocchezzarie per costruirsi alibi e si assuma le sue responsabilità, è una novità ed è buona. Non tanto per i 5 Stelle, per la democrazia italiana.
  • evidentemente per i renziani gli inciuci sono inciuci se li fanno gli altri (Marini), poi diventano necessità quando li fanno loro (Verdini, e comunque è colpa di Bersani che non ha vinto), poi ridiventano inciuci se li rifanno gli altri. Distinzione tra ambito del governo e quello delle istituzioni: assente. Segnalo sommessamente che su questa linea “avete visto, hanno fatto l’inciucio, hanno votato con la destra, gnegnegne” il Pd rischia di non essere utilissimo né a se stesso né ad altri. E nemmeno credibilissimo, se posso dire.
  • io non so se sia vero che una parte del Pd (Franceschini?) voleva provare a mescolare i voti con i 5 Stelle per evitare che si accordassero con Salvini. Non so se sia vero, ma so che avrei preferito Franceschini o Zanda presidenti di una camera e che qualcuno mettesse una zeppa nell’asse tra Salvini e Di Maio, almeno sulle istituzioni poi sul governo si vedrà. L’avrei considerata una buona mossa politica. Non tanto per il Pd, per la democrazia italiana. Voi no eh?
  • quando ieri Salvini ha fatto la mossa Bernini, proprio non si poteva provare a fare una contromossa? Lanciare una candidatura che mettesse in difficoltà un centrodestra diviso e potesse arrivare al ballottaggio? Avete presente il metodo Grasso, scegliere un candidato che toglie voti all’altro (Schifani, ben più invotabile dai grillini al ballottaggio)? Forse era l’ultima occasione per provare a mettere quella famosa zeppa. Ma appunto bisognerebbe fare politica, evidentemente qualcuno preferisce di no. Del resto se la tua analisi del voto è “la ruota gira” non c’è da stupirsi che tu non ne senta il bisogno.
  • “e allora Liberi e Uguali?”. E allora niente: non puoi entrare in partita con così pochi parlamentari. Soprattutto se non c’è, la partita.
  • e comunque mi dispiace tantissimo per Giachetti e la Fedeli. (Pernacchia).

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Leggende metropolitane: Renzi che portò il Pd nel Pse

Guardate è un dettaglio, lo dico io per prima. Infatti la maggior parte delle volte ormai faccio finta di niente anch’io. Tuttavia esiste anche l’amore di verità, alla fine. Il punto è questo: anche Ezio Mauro, nel suo bell’editoriale che tutti dovremmo leggere e discutere, oggi dice che “Renzi ha portato il Pd nel Pse”. La stessa cosa avevo sentito dire due sere fa in tv, da Fazio, da Massimo Giannini. Sono giornalisti importanti, persone serie, uomini colti. Per questo dico: ma ci credono davvero?
Io quella vicenda la conosco bene, l’ho raccontata da giornalista, ma non penso di avere più elementi per capirla di Giannini e Mauro. Per questo vorrei ricordare brevemente e molto superficialmente alcuni fatti. Fatti, non opinioni mie. I fatti sono questi: che il congresso del Pse a Roma, che si è svolto il primo marzo scorso, era stato convocato già durante la segreteria Bersani, ed era stato annunciato e organizzato durante la segreteria Epifani. Anche se qualcuno, non certo Mauro e Giannini, pensasse che una cosa del genere si decida e si organizzi in una settimana, ci sono le agenzie e gli archivi a dimostrare il contrario.
Il percorso lungo e difficile del Pd verso il Pse era iniziato già da tempo. Piero Fassino da segretario ancora dei Ds, si era adoperato al congresso di Oporto (dicembre 2006) per spiegare ai compagni del suo partito l’imminente costituzione di un nuovo partito di centrosinistra in Italia. In quel congresso, accolto come una star e invitato con un entusiasmo che creò in Italia anche qualche imbarazzo (“Join us, Romano!”) a unirsi alla famiglia socialista dal segretario Rasmussen, era intervenuto il presidente del consiglio italiano Romano Prodi.
Un altro passo importante lo fece un segretario non socialista, Dario Franceschini, dopo le elezioni europee del 2009, tagliando la testa al toro del “dove vi siederete in Europa” e decidendo, non senza dover fare qualche coraggiosa forzatura nel partito, che tutti i deputati europei del Pd si sarebbero iscritti, senza aderire al partito, al gruppo del Pse. La componente italiana venne affidata alla guida di un altro non socialista, David Sassoli, che si è adoperato per costruire un percorso comune.
Durante la segreteria Bersani, Sigmar Gabriel e Francois Hollande, (i leader socialisti dei due principali paesi europei) hanno fatto comizi nelle piazze del Pd e i vertici socialisti europei hanno partecipato ogni anno alle feste democratiche. Ci sono state centinaia di viaggi e di riunioni in tutto il mondo, organizzati da Lapo Pistelli e Giacomo Filibeck. Roma ha ospitato due volte i progressisti di tutto il mondo – democratici americani compresi – che insieme ai socialisti europei hanno dato vita alla Progressive Alliance, la conferenza mondiale dei progressisti, socialisti e non. In questo contesto si sono create le condizioni per superare anche le ultime obiezioni all’adesione del Pd al Pse, o comunque per portare tutto il partito verso quell’esito.
Quando dico “ultime obiezioni” intendo riferirmi agli ex Margherita e soprattutto all’area rutelliana, e cioè ai renziani. Mentre infatti personalità come Franceschini, Pistelli e Sassoli hanno lavorato per avvicinare il Pd al Pse, nel mondo renziano (e in un altro pezzo di ex Ppi, quello vicino a Beppe Fioroni) si sono accumulate sempre le resistenze più forti. Che poi, a congresso Pse convocato e deciso, il post ideologico Matteo Renzi abbia dichiarato, da candidato alle primarie, di non avere obiezioni all’adesione al Pse e che poi, divenuto segretario, non abbia rimesso in discussione le decisioni prese, va benissimo e per quanto mi riguarda è un suo merito. Che gli ultimi resistenti, tutti renziani, a parte un paio di eccezioni, abbiano poi votato in direzione a favore di un passo che, gliel’avesse chiesto un altro segretario, avrebbe provocato minacce di scissione e suicidi di massa, affari loro.
Tuttavia i fatti sono stati questi. È così che è andata. Ripeto non per amore di polemica. Ma solo per amore di verità: lo sanno tutti i giornalisti seri, ed è così che la dovrebbero raccontare.

Emorragia o boom, il problema sono sempre gli iscritti (al Pd)

Insomma nel Pd è “boom di tessere sospette”, scrive oggi Repubblica. Una notizia molto seria, niente affatto inventata, documentata da circostanze precise e inquietanti, con tanto di provvedimenti presi dal Pd nazionale per verificare la gravità dei fenomeni. Un bel pezzo, come altri su altri giornali. Un pezzo che però mi ha fatto ridere. E come mai tutto sto cinismo, direte. No, è perché mi son ricordata una cosa.

Mi sono ricordata di quando, qualche mese fa, i giornali erano pieni di pezzi sul Pd intitolati alla clamorosa notizia del “crollo del tesseramento”, all’allarme sull'”emorragia degli iscritti”, e ci si interrogava sui motivi di questi abbandoni, si descrivevano i militanti esasperati, i dirigenti allarmati. E mi ricordo, era giugno o luglio, mi ricordo che io pensavo a quello che avrei scritto quando poi a ottobre sarebbero usciti i pezzi sul boom sospetto delle tessere. E mica perché ho la palla di vetro, sapete. Semplicemente perché basta mettere in fila i fatti, se si sanno. Continua a leggere