La politica come parodia della politica

Questo week end ho fatto un sacco di chilometri e tantissime cose, mo’ non ve le sto a raccontare tutte ma per brevità vi dirò: guardate Gazebo. Dovreste guardarlo sempre eh, ma domenica sera Gazebo era folgorante. Non perché fosse la puntata più bella che hanno fatto, assolutamente. Ma perché era una fotografia dell’Italia. Della politica e del giornalismo politico in Italia oggi. La cui parola chiave, quella che spiega tutto, è: parodia.

Pensate alle Gazebarie. Già dal nome è una parodia delle primarie no? Una cosa da ridere, via. E infatti quello erano le Gazebarie di Bertolaso: una consultazione su un solo candidato (“volete voi confermare”, eccetera eccetera), oltretutto un candidato manco tanto sicuro di esserlo (la sera stessa ne è venuto fuori un altro, anzi un’altra); un’iniziativa propagandistica che simula un meccanismo elettorale; un set per leader politici che mimano il gesto di votare; un plebiscito in favore di telecamere. Ecco, le telecamere. Guardate Gazebo anche per questo, per il circo mediatico. Una bolgia infernale e urlante che rischia l’osso del collo per un frame di Berlusconi che mette la finta scheda nella finta urna; uno strillare domande a casaccio cercando di scansare il telefonino di Gasparri che fa le foto per twitter; un riportare i dati farlocchissimi sull’affluenza “già altissima alle 9 e 30 a Mezzocamino”, quando è evidente che ai seggi c’è solo mezzo gruppo parlamentare di Forza Italia che si sposta per fare da set agli arrivi del macchinone di Berlusconi. “Hanno votato in cinquantamila!”, ha sparato la propaganda forzista alla fine di due giorni di “votazioni” senza competizione, senza registrazione dei votanti, senza osservatori, senza richiesta di documenti. Hanno votato in cinquantamila, hanno riportato i mass media, al massimo strizzando l’occhio per far capire tra le righe che sì, vabbè, mica ci crediamo, ma questo è il dato che ci comunicano.

La cosa tragica però è che questa parodia è plausibile, è realistica. Perché nel frattempo anche le primarie vere, quelle del Pd, sono diventate un carrozzone. Una roba dove si decide prima come andrà a finire e poi si aggiustano i dati per far tornare i conti, come a Roma. Una roba dove si certifica a maggioranza che tutto è andato bene e chi lo nega è un infame, come a Napoli. Ho partecipato a Omnibus lunedì mattina. Il parlamentare del Pd presente in trasmissione ha detto che non era vero quello che avevo detto io, e cioè che il primo ricorso di Bassolino era stato respinto senza neanche essere esaminato per un cavillo burocratico (ho cercato di ribattere ma ero collegata da fuori studio e non sono riuscita a riavere la parola). Poco prima avevano fatto vedere un video di Renzi che diceva che “senza primarie decidono i capibastone” (perché, a Napoli con le primarie chi ha deciso?) e che “se a Napoli ci sono state irregolarità verranno sanzionate”. Il pomeriggio, il secondo ricorso di Bassolino è stato respinto: non ci sono state irregolarità. Nemmeno una, capite?

Su questa storia delle primarie – e sul Pd – oggi c’erano due interventi sui giornali: un’intervista di Arturo Parisi ad Avvenire e un articolo di Franco Monaco sul manifesto. Si tratta di due figure storiche dell’ulivismo, due amici strettissimi di Romano Prodi, due profeti dell’ortodossia che – sempre col tono di chi è il vero depositario dell’ispirazione più vera del prodismo – da due decenni giudicano la politica “in quanto tali”, in quanto portavoce dell’ispirazione originaria. Ebbene, sempre col tono e l’atteggiamento che è loro dagli anni ’90, oggi dicono l’uno esattamente il contrario dell’altro. Argomento? D’Alema. Dovrò scriverlo un articolo sull’Ulivo prima o poi, magari domani. Anche perché penso che abbiano torto entrambi. (Ma sì, facciamoci degli amici).

Naturalmente sono stata a Perugia. Sono stati tre giorni di buon lavoro, di amicizia, di ricerca onesta di una soluzione difficile: o almeno io così li ho vissuti. Tutto si è svolto come al solito le cose si svolgono, dentro un delirio mediatico che andrebbe più profondamente analizzato. Mi limito a raccontarvi questo: venerdì parlava Bersani e domenica Speranza. La giornata di sabato era dedicata ai gruppi tematici, e cioè mediaticamente era “vuota” (almeno fino all’arrivo serale di D’Alema). Così abbiamo messo in campo un pezzo da novanta, Vasco Errani, uno competente come pochi mica un due di picche, e lo abbiamo mandato dai giornalisti a spiegare i punti programmatici sui quali stavamo lavorando: sanità e lavoro prima di tutto. Lui parlava e gli chiedevano “sì, ma D’Alema”; lui ci riprovava e gli chiedevano “sì, ma la scissione”. Su sanità e lavoro non è uscita una riga, ovviamente. Non è polemica. È che però quando poi i giornalisti scrivono nei commenti “ma la minoranza Pd sempre polemiche, mai i contenuti”, un po’ le scatole mi girano. Non lo dico per polemica con nessuno. È una constatazione, diciamo.

Intanto – l’ho visto a Gazebo – alla scuola di formazione politica del Pd il presidente del consiglio a un ragazzo di Iglesias che gli domandava degli impegni che il governo ha assunto coi lavoratori dell’Alcoa rispondeva testuale: “Impegni non he ho presi, comunque su questo ci lavorano Claudio e Federica. Vai.”. “Vai” era per passare alla prossima domanda. Claudio e Federica forse ho capito chi sono, il ragazzo di Iglesias non so. “Vai”.

P.s.: di Perugia e di dopo Perugia ho parlato su Repubblica. Ne sono naturalmente onoratissima e grata, soprattutto alla bravissima Annalisa Cuzzocrea. Avrei voluto che nel titolo invece di “serve più sostanza” mi mettessero “serve più verità”. Perché io questo volevo dire.

su Perugia e su Roberto Speranza ho risposto anche alle domande degli amici di Intelligonews.

4 Responses to La politica come parodia della politica

  1. nonunacosaseria

    su Monaco e Parisi
    sono abbastanza d’accordo con Monaco, notando poi la sottile differenza tra centrosinistra e centro-sinistra (quello che ieri era “centrosinistra” è quello che Monaco definisce “sinistra”, il centro è il PD renziano). sono abbastanza d’accordo nel senso che anche secondo me, per chiarezza, a questo punto non sarebbe male se le strade si dividessero. ci sono tante persone, come me, che non si riconoscono nel PD attuale, ma non trovano credibili le alternative e allora, ci fossero domani le elezioni, si turerebbero il naso ancor più schifate che in passato e voterebbero PD.
    è un “turarsi il naso 2.0” per votare la “DC 2.0”.
    riguardo a Parisi, bah, mi pare di notare un certo malessere tra le righe della frase in cui vede D’Alema realizzare il suo disegno da mani ostili e lontane.

    sul delirio mediatico
    purtroppo è così e non da oggi. prendi Renzi: se non avesse tirato fuori quel clamoroso McGuffin (cit.) della rottamazione avrebbe fatto la fine di un Enrico Morando o di un Pietro Ichino.

  2. Ma quanto sei brava Chiara Geloni, perché non ti presenti al Congresso candidata segreteria PD? Tornerei a votarlo con te segretario! Complimenti. PS sono un’assidua di Gazebo .

  3. carissima chiara , come sempre lucida nell’analisi, ora c’è un problema ,le amministrative Roma, Milano ,Napoli , e tante altre possiamo immaginare quali potrebbero essere gli effetti dirompenti di questa politica ipocrita, qualunquista, ignorante la quale non sa dare una risposta seria ai cittadini ?

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