Alfano da Ruini, ma resta il no della Cei all’ex premier

(questo articolo è uscito sull’Unità di oggi)

Difficile che sapremo mai che cosa si sono detti lunedì pomeriggio, nell’abitazione dell’ex presidente della Cei, Angelino Alfano e il cardinale Camillo Ruini. Ma anche questa visita riservata, di cui nessuno doveva venire a conoscenza, è a suo modo un segno dei tempi. Non era infatti il Cavaliere a varcare la soglia di Monsignore, già regista di mille manovre e storico patrocinatore del bipolarismo a prevalenza berlusconiana della seconda repubblica, bensì il delfino sconfitto e declinante, il segretario già candidato alle primarie e ora in piena umiliante ritirata. Che Ruini abbia offerto ad Alfano la sua vicinanza spirituale, o che gli abbia suggerito qualche estremo argomento per provare a fermare il ritorno del Cavaliere, o che infine – ed è l’ipotesi più intrigante – Angelino sia andato per chiedere consiglio su qualche difficile via d’uscita per sé e per chi, nel Pdl, non intendesse rimanere sotto le macerie del “muoia Sansone con tutti i Filistei” berlusconiano, paradossalmente poco cambia: per la Chiesa italiana, il Silvio Berlusconi di oggi non è più un interlocutore proponibile.

Lo aveva spiegato proprio ieri del resto, sulle colonne del Corriere della Sera, il successore di Ruini alla guida della Cei, il non meno attento anche se più discreto cardinale Angelo Bagnasco. Nella sua intervista, la condanna della scelta irresponsabile di Berlusconi è inequivocabile. E su questo – da Famiglia cristiana alle associazioni laicali più rappresentative – sembra che nella Chiesa non ci sia discussione, né remore nel dichiararlo. È una novità rilevante, che avrà conseguenze sulla prossima campagna elettorale: dopo anni di neutralità formale (spesso, anche se non sempre, accompagnata da un filoberlusconismo sostanziale), la Chiesa dirà chiaramente agli elettori cattolici – se non con chi stare – almeno con chi non stare.

Per i cattolici italiani, e per i loro pastori, questa è un’occasione e un’opportunità per sperimentare un rapporto più libero con la politica. Sarebbe un peccato infatti se il bilancio negativo della stagione berlusconiana finisse per confondersi con una condanna generalizzata all’intero sistema dei partiti. Sarebbe riduttivo se il giusto riconoscimento per il lavoro del governo Monti e le espressioni di stima per il presidente del consiglio evocassero adesso la nascita di un nuovo collateralismo, oltretutto nei confronti di una proposta politica che il suo stesso ispiratore ancora non ha deciso se benedire esplicitamente o meno. Più coerente, e più rispettosa del pluralismo delle scelte dei cattolici – che un recente sondaggio commissionato dai cristiano sociali ha confermato – apparirebbe la scelta di andare oltre la seconda repubblica anche in questo. Si tratta di rifiutare un caricaturale bipolarismo etico – che ha mostrato tutti i suoi limiti – e, certo, di non rinunciare ad affermare fondamentali principi come il no al populismo e alla violenza anche solo verbale, il no alla facile retorica antieuropea e all’irresponsabilità come cultura e proposta di governo. Ma si tratta anche di non percorrere scorciatoie rispetto al pluralismo e alla complessità delle scelte del popolo cristiano, che può dare un grande contributo alla ricostruzione civica e sociale del nostro paese.

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