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Perché punto al premio Pollyanna. Tre cose sulla mia vita social

Stamattina quando ho aperto Twitter ho pensato che se istituissero un premio per chi mantiene il buonumore di fronte alle peggiori insolenze, illazioni personali, allusioni sessuali, offese professionali, accuse di incompetenza fondate sull’ignoranza dei fatti, ecco senza falsa modestia: mi candido. L’ho scritto in un tweet e ho messo anche l’hashtag: #premioPollyanna. O, non ci crederete: m’hanno risposto che tanto non lo vinco il premio perché modestia e tolleranza non so cosa siano. Ma io infatti mi ero solo candidata!

La pesantezza. Questo è il male del nostro tempo, mannaggia.

Però un po’ mi scoccia quando non riesco a spiegarmi, così se qualcuno avesse voglia di leggere vorrei provare a dire tre cose – non per diradare la shitstorm social ormai costante ma in questi giorni più intensa che in altri, che con quella ormai ci convivo. Ma a futura memoria, per chi fosse interessato a sapere cosa penso, o anche solo cosa fa sì che meriti tante attenzioni.

  1. Ihihihihi: mi ha fatto ridere questo video di Renzi che attaccava la prescrizione, pubblicato da Repubblica, e l’ho twittato con una risatina e una faccina. Ora, lascio perdere le offese e gli insulti, ma vorrei puntualizzare agli “hai preso un abbaglio, perché Renzi la prescrizione l’ha allungata e non abolita” che non sono proprio stupida. Quel video, quell’operazione (non mia, di Repubblica) è esattamente speculare a quella che stanno facendo da giorni i superfans della squadretta renziana: postare video e dichiarazioni di Andrea Orlando contro la riforma Bonafede, fatti quando era un deputato dell’opposizione. Lo stesso ex ministro della giustizia ne ha parlato sui social: “Mi ha puntato la bestiolina”. “Abbiamo votato la riforma di Orlando, abbiamo votato la riforma di Orlando!” ripetono da giorni i fans di chi, esponente di un partito di maggioranza, ha invece votato la proposta di un deputato dell’opposizione che strumentalmente si rifaceva al testo della riforma Orlando, in presenza di un accordo di maggioranza che prevede un altro percorso per superare gli squilibri introdotti dalla riforma Bonafede. Un comportamento che, lo ha detto ieri sera in tv Massimo Giannini, mica la faziosa e ossessionata Geloni, di solito porta dritto alle crisi di governo. E quindi ecco perché quel video fa ridere, e perché l’ho rilanciato: non tanto perché dimostra che Renzi è un bugiardo (cosa vera, ma non rilevante in questo caso). Ma perché dimostra che il contesto politico e generale in cui una cosa accade può cambiare i giudizi e i comportamenti politici, anche senza che questo significhi cambiare idea nel merito. Che è esattamente il motivo per cui un partito di maggioranza non può e non deve votare la “riforma Orlando” proposta da Forza Italia. Ho capito benissimo quel video. E sono in grado, vedete, di spiegare perché l’ho postato – se qualcuno è in grado di leggere.
  2. La Buona scuola: ieri mattina in tv ad Agorà mi è capitato di commentare la vicenda della scuola romana finita sui giornali per aver segnalato sul suo sito la differenza di classe sociale degli alunni che frequentano i diversi plessi che la compongono. Ho detto che le scuole pubbliche non dovrebbero essere costrette a fare depliant pubblicitari o siti promozionali segnalando come un’attrazione l’assenza di disabili e stranieri o la presenza di figli di famiglie “perbene”, e che questo è figlio di una mentalità aziendalista e competitiva introdotta da una riforma sbagliata. La conduttrice mi ha interrotto chiedendomi a quale riforma mi riferissi e io ho risposto: alla Buona scuola del governo Renzi. Il tempo era poco, non era assolutamente un dibattito tra specialisti, altrimenti (a parte che non avrei neanche avuto titolo a parlare, a quel punto) avrei certamente dovuto dire che questa mentalità arriva da lontano, e che ci sono state anche altre riforme che andavano in questa direzione. Le mie parole, inoltre sono state riprese da un video-tweet che ha fatto una sintesi molto “sparata” e ci ha aggiunto un’immagine di Renzi alla fine. Ma vogliamo negare che la Buona scuola abbia dato la spinta finale verso questo esito, stravolgendo completamente alcune posizioni storiche della sinistra sul ruolo degli insegnanti e della scuola pubblica? Ma no, “la Geloni darebbe la colpa a Renzi anche dei cambiamenti climatici e dell’affondamento del Titanic” (beh, dell’affondamento del Titanic sì!), e “la scuola di classe è sempre esistita”, e addirittura “sicuramente tu ne hai beneficato”. Allora guardate, quando io andavo alle medie se abitavi di qua dal Viale andavi alla Rosselli, se abitavi di là dal Viale andavi alla Carducci. Io abitavo di qua, e infatti sono andata alla Rosselli. Che aveva una succursale, dove nessuno voleva andare (chissà poi perché, era a cento metri di distanza) e ci stavano le sezioni D e F. Fecero il sorteggio, finii nella D e infatti andai alla succursale. In classe non conoscevo nessuno. Per me era molto meglio di come funziona adesso, senza depliant e siti promozionali, e maestre che suggeriscono gli abbinamenti tra i bambini e famiglie che trattano per essere abbinate e bambini che si stressano per essere all’altezza della scuola “giusta”.
  3. Però alla fine di tutto sto pippone volevo dire anche una cosa, che poi è il motivo per cui l’ho scritto. Volevo dire che questa non è solo una cosa organizzata, è una tecnica. Una tecnica che usano i politici sui social per avere consenso o intimidire il dissenso. Additare qualcuno, caricaturizzarne il discorso per passare per vittime o attirare simpatie, lasciando questa persona in balia per ore e per giorni dei loro supporter e fanatici. Questa tecnica non è solo orribile: è pericolosa. Anche, perfino, se davvero (e quasi mai lo è) fosse un modo per rispondere a vere offese al leader. Ho letto che Sergio, il ragazzo delle Sardine affetto da dislessia deriso da Salvini in un video e un tweet, sta rischiando di perdere il lavoro perché la sua sicurezza non può essere garantita. Ecco vedete, non lo scrivo per me, io ormai punto al premio Pollyanna. Lo scrivo per persone come Sergio, che è l’ultimo a cui capita questo, o altre a cui è già successo, che non nomino per non contribuire a rimetterle sotto i riflettori. Offendere un leader politico, tantomeno criticarlo, non significa meritare di essere messi alla gogna. Non siamo tutti uguali, né sui social, né nella vita. E dovremmo pretendere che nessuno se lo dimentichi.
  4. (lo so, avevo detto tre). Vi state chiedendo se queste cose di cui al punto 3 le fa solo Salvini? La risposta è no.

Sembra di stare a Ballarò. Il Pd del 2019 è diventato il M5S del 2013

Dopo la clamorosa spaccatura tra Lega e 5 Stelle, ieri i giornali erano pieni di retroscena – fondati o no – su possibili nuovi scenari di alleanze senza i leghisti, e alla camera era all’ordine del giorno il decreto sicurezza bis, un provvedimento chiave per Salvini, che appariva furente e disorientato, impotente e incredulo. Cosa avrebbe potuto/dovuto fare il principale partito di opposizione? Non dico pensare di far cadere il governo ma metterci un po’ di malizia, un po’ di politica. Lavorare per approfondire il solco che per la prima volta si apriva tra i suoi avversari. Andare a vedere se è vero che tra i 5 Stelle si preparano smottamenti, far capire che c’è interesse, c’è spazio.

Cosa ha fatto il Pd? Ha passato tutto il giorno a litigare furiosamente coi grillini, per una presunta frase di un suo deputato contro le donne incinte (la frase è inverosimile che sia stata pronunciata, ma è talmente inverosimile anche che sia stata inventata che mi sembra più verosimile che siano false per assurdo entrambe le tesi). Dice ma i grillini lo hanno fatto apposta. Dico può darsi, ma l’opposizione c’è cascata.

Quindi, addio politica. Per sicurezza poi, nel corso del pomeriggio, il segretario del Pd ha ribadito per la centesima volta che se cade questo governo c’è solo il voto – sia mai che qualcuno dei grillini avesse creduto che c’è qualche salvezza lontano da Salvini. Quello che aveva lasciato la politica ha urlato di nuovo il suo #senzadime, quello sobrio ha detto che a qualcuno dev’essere preso un colpo di sole misto ad alcolici, e quello che fa il capogruppo per conto di quell’altro ha annunciato una bella mozione di sfiducia a Salvini, per essere sicuro di risospingere anche l’ultimo resistente grillino nelle braccia del Capitano.

Nei tg della sera è passato il solito Pd urlante e scomposto, indistinguibile dai suoi avversari, incapace di convincere un solo elettore che non l’abbia già votato. Guardando questo Pd, ve lo dico, mi sembra di stare a Ballarò (cit.). Un partito terrorizzato da qualsiasi scenario politico che richieda di scegliere, di nominare i suoi avversari e di avere una strategia per batterli, di uscire dall’isolamento, di mettere in discussione qualche sua scelta, di dire che non ha sempre avuto ragione, di smettere di dare l’idea che chi non lo ha votato debba chiedergli scusa. Un partito che tra poco ci dirà che vuole aprire il parlamento come una scatoletta di tonno e salirà sui tetti, perché le sceneggiate sui banchi dell’aula non gli basteranno più.

Invocano il loro “elezioni elezioni”, come l’occasione per uno di legittimarsi come leader, per l’altro di fare la sua corsetta in surplace da candidato premier, per chi è rimasto renziano di incassare la sua quota, per chi è diventato zingarettiano di ristabilire gli equilibri, per chi è orfiniano di rifarsi una verginità a sinistra, eccetera eccetera. Senza preoccuparsi minimamente di avere un’idea di cosa dire all’Italia, di come tornare a governare da sinistra. Chi prova a fare politica è un traditore, un ubriaco, uno che briga perché vuole star sempre in maggioranza. Elezioni, elezioni, elezioni.

Desolante dirlo, ma il Pd del 2019 è diventato il Movimento 5 Stelle del 2013. E rischia di fare la stessa fine.

(Se volete leggere altre ovvietà come quelle che ho scritto, c’è un’intervista di D’Alema su Repubblica).

Apologia di LeU. Dopo lo tsunami, le cose da cui ripartire

Ha ragione il mio amico Stefano Di Traglia, che lunedì mattina mi ha scritto: adesso sarebbe tempo di fare l’analisi del voto del 2013, quella che il Pd non ha mai voluto fare. Sono stati anni di analisi sbagliate, sbagliate perché fondate su una lettura illusoria della realtà. Ripartire dai fatti ci farebbe bene a tutti. Noi di Liberi e Uguali non abbiamo avuto la forza di invertire la rotta – e dovremo capire perché. Ma i fatti li abbiamo visti e l’analisi non l’abbiamo sbagliata. Continua a leggere