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Rassegna Quirinale/4: la domanda che nessuno fa

Niente, davvero niente di interessante. Spin, spin e ancora spin. Incontri interlocutori e pilotatissime voci secondo cui Tizio “avrebbe proposto” Caio, come se l’onere di proporre un nome, aprendo la partita, non spettasse soltanto a chi in questa tornata quirinalizia assomma le cariche di segretario del partito di maggioranza relativa e presidente del consiglio. Ma niente, tutti son lì che “propongono” questo e quello, scrivono i giornali. Vogliono farci credere che, ex premier, vecchie volpi, leader storici, capi politici, sono tutti ragazzini deficienti con una scatola di cerini in mano, che giocano a bruciare i loro preferiti dandoli in pasto ai giornalisti.
Si vedrà col tempo dove vuole portarci chi organizza questo giochino, contando sulla vanità di chi ogni sera deve pur tornare in redazione con in tasca una “notizia”. Intanto nessuno – nessuno – pone a Matteo Renzi una piccola, semplice domanda: perché, a pochi giorni dall’inizio delle votazioni, il leader del Pd non fa niente – niente – per pacificare il suo partito, e anzi drammatizza i dissensi (“Vogliono pugnalarmi alle spalle!”), lancia ultimatum (legge elettorale), provoca strappi (Cofferati), dà platealmente e pubblicamente argomenti a chi lo accusa di essersi messo in mano a Berlusconi contro un pezzo di Pd (incontro con Berlusconi)? Che interesse ha a fare questo? Che messaggio sta trasmettendo, non alla minoranza Pd, ma all’Italia? Perché lo fa? Non sa fare altrimenti? Non può fare altrimenti? Non vuole fare altrimenti?
Ma le domande, si sa, non vanno di moda. Meglio giocare al Totoquirinale, vuoi mettere? Chi propone oggi la Bindi? Interessante, no?

Ma perché al quarto voto? (Storia di una bugia, o di un imbroglio)

(Questo post è stato scritto per Huffington post Italia)

Matteo Renzi ha detto più volte che il nuovo presidente della repubblica sarà eletto alla quarta votazione, la prima in cui il quorum richiesto scende da due terzi a metà dell’assemblea dei grandi elettori. Un modo per impegnarsi a fare (relativamente) presto, e anche un modo, si dice, per tenere sotto pressione i grandi elettori: come dire non fate scherzi, non puntate alla palude, perché se non ce la facciamo in pochi giorni mi arrabbio e andiamo a casa tutti.
Tuttavia questa impostazione metodologica non ha alcun senso logico, e stupisce che nessuno, nelle numerose interviste e conferenze stampa del premier, glie ne abbia ancora chiesto conto. Come ha ricordato qualche giorno fa sul Foglio Giuliano Cazzola evocando il precedente dell’elezione di Francesco Cossiga nel 1985 alla prima votazione, se davvero si vuole eleggere il presidente coi voti dell’opposizione politica non si può che puntare a eleggerlo nelle prime tre votazioni: semplicemente perché, dopo, i voti dell’opposizione non servono più. È dunque interesse innanzitutto di Silvio Berlusconi e del “Patto del Nazareno”, cioè anche di Renzi, che il presidente venga eletto con la maggioranza dei due terzi e quindi col necessario apporto di Forza Italia. È certamente questo l’obiettivo di Berlusconi (come di Alessandro Natta nell’85 e di Berlusconi stesso due anni fa), se vuole che i suoi voti siano determinanti. Continua a leggere