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Se Matteo rottama anche i giovani (turchi)

Oggi sul quotidiano Il Dubbio

Non abbagli lo scontro quotidiano tra Matteo Renzi e i “gufi” che non vogliono il “cambiamento” perché amanti della “palude”: dentro il Pd, come sempre, accadono cose, si muove gente, sassolini segnalano possibili frane. Anche dentro la tutt’altro che placida maggioranza renziana. Un piccolo episodio accaduto domenica nell’ultima sessione di “Classedem” – la scuola di formazione del Pd – rivela come l’asse portante del gruppo dirigente del partito, quello tra il segretario e il presidente, cioè tra la Leopolda e i Giovani turchi, da qualche tempo sia entrato in tensione. Succede quando, tra una lectio di Giorgio Napolitano e un comizio a mano libera del segretario, tra un testimonial del Sì e l’altro (sempre del Sì), il responsabile della formazione, il cuperliano (molto) morbido Andrea De Maria, dà la parola per un intervento al giovane Giulio Del Balzo. In platea partono fischi, qualcuno urla “vergogna!” e se ne va.

Chi è Del Balzo? È il fondatore e presidente di Futuredem, associazione giovanile nata durante le primarie del 2012 a sostegno di Renzi, con il triplice obiettivo, spiega abile lui illustrando le sue slide dopo aver liquidato la contestazione con una frase da politico consumato (“chi se n’è andato evidentemente sa già tutto di noi”), di formare una classe dirigente capace e consapevole, di dare ai giovani possibilità di mettersi in rete, di individuare nuovi percorsi per una sinistra riformista e di governo. Un lavoro che è “a disposizione di tutto il partito”, precisa con intelligenza Del Balzo per spuntare le armi alle accuse di correntismo. Insomma i dinamici Futuredem sono i giovani renziani puri, gli emergenti nel Pd, coccolati dal segretario e dai suoi, e tu non puoi farci niente bellezza. In platea in realtà lo sanno benissimo tutti, ed è per questo qualcuno si alza sdegnato. Perché la consacrazione dei “Future” sul palco della scuola è – evidentemente – uno schiaffo e un’umiliazione per i Giovani democratici, guidati appunto – attenzione – dal “turco” Mattia Zunino, vincitore, grazie proprio all’asse di ferro tra turchi e renziani, di un congresso assai combattuto.

Manco a farlo apposta infatti, chiudendo i lavori, De Maria si produrrà poi in un riconoscimento ufficiale e “a nome della segreteria” per il ruolo dei Gd. A rendere noto il dettaglio ci pensa proprio Zunino che, in un lungo post su Facebook, partendo da un criptico riferimento all’incidente (“Vedete, il punto non è quello di quali mezzi una associazione culturale sceglie di utilizzare per promuovere il suo lavoro. Un lavoro che, personalmente, seguo con interesse e rispetto da tempo”), spiega – a chi ha capito – che “il vero tema” è “un ragionamento più ampio e più profondo su come il Partito democratico sceglie di formare e selezionare la propria classe dirigente”, e che sono i Giovani democratici, forti organizzati e coesi (sul Sì), “la risposta a questa domanda”.

Una toppa che difficilmente nasconderà il buco. Irritazione dei turchi e proteste da sinistra per il riconoscimento agli “ultras” non sono mancati e ce ne sono parecchie tracce sui social. E conoscendo i Gd (e il Pd) la faccenda non è destinata a chiudersi qua.