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I furbetti del bonus Iva e il teorema della minigonna. (No, non è colpa del governo)

Sbagliare tutto, dalla prima all’ultima riga. Scrivono alcuni commentatori, con la tipica inclinazione isterica che, spiace constatarlo, caratterizza gli antipatizzanti di questo governo, costantemente offesi dalla sua stessa esistenza per fatto personale, che se i cinque parlamentari cosiddetti “furbetti” hanno preso i soldi del bonus iva di marzo, è perché una norma sbagliata glielo consentiva. Quindi non sarebbero loro “il problema”, ma appunto chi ha scritto la norma. 
È un po’ il teorema della minigonna: se ti capita è colpa tua che te la sei cercata. E però è tutto sbagliato. Provo a dire alcune cose.
– non c’è in Italia una legge che consente alle partite iva di chiedere 600 euro allo Stato senza averne bisogno. C’è stata, a marzo, una norma temporanea che ha consentito questo, pensata per far fronte a un’inaudita emergenza nel suo momento più drammatico, con i negozi e gli uffici chiusi all’improvviso e i numeri dell’epidemia che galoppavano. Prevedere tetti, requisiti e controlli per evitare qualche migliaio di “furbetti” avrebbe allungato i tempi e lasciato sul lastrico milioni di persone che lo erano veramente. Come spiegava Mario Draghi, bisognava “agire subito”. Fare la norma in quel modo è stata una scelta: in economia si chiama trade off, io sono abbastanza ignorante ma l’ho imparato dal tweet di un economista. Poi ho controllato su Treccani.it: “In economia, relazione funzionale tra due variabili tali che la crescita di una risulta incompatibile con la crescita dell’altra (…). Si parla di trade off quando si deve operare una scelta tra due opzioni ugualmente desiderabili ma tra loro contrastanti”. Cioè tra velocità ed equità, in questo caso. Decidere diversamente si poteva, certo, ma avrebbe significato tempi più lunghi e “burocrazia”. Si può non essere d’accordo, ma per me è stata una scelta giusta e in quel momento – ripeto, in una norma temporanea varata a marzo – anche “di sinistra”.
– chi ha chiesto il bonus iva non ha violato alcuna norma, quindi. Tuttavia non è moralmente riprovevole solo quello che è reato. È da infami chiedere allo stato soldi di cui non hai bisogno in un momento di emergenza nazionale, non serve una norma che lo sanzioni (credo peraltro, anzi mi risulta, che molti italiani lo abbiano pensato e si siano regolati di conseguenza). Vale per tutti i “furbetti”, che stiano in parlamento o altrove. E non vale solo per le partite iva. Ricordo, a fronte di cinque bonus da seicento euro per complessivi tremila euro, che risultano due-virgola-sette-miliardi-di-euro percepiti indebitamente da aziende che hanno continuato a far lavorare i loro dipendenti. Non lo dico per giustificare i cinque piottari, ma per mantenere il senso delle proporzioni, anche rispetto a un’agenda mediatica su cui non voglio aggiungere altro, qui.
– se uno si comporta in modo immorale, dare la colpa a chi non glielo ha impedito è immorale. La colpa, l’immoralità, è sua. Chi dice il contrario è un populista che fa (cattiva, e diseducativa) politica.
– tuttavia se sei parlamentare c’è un problema in più. Che aumenta l’inaccettabilità e giustifica la sanzione (morale) che ne deriva. Tu devi esercitare il tuo mandato con disciplina e onore: non è un’opinione, è la costituzione (articolo 54). Devi avere il senso del tuo mandato, del tuo ruolo e delle tue responsabilità. Non mi piacciono le gogne, ma ha senso voler sapere chi sono questi parlamentari. Perché noi cittadini abbiamo il diritto di dare su di loro un giudizio morale, e politico. Non nelle piazze, non in tribunale: alle elezioni.
– lasciate in pace i consiglieri comunali. Non è che è tutto uguale, non sono “tutti uguali”. Un consigliere comunale che percepisce un gettone da cento euro può benissimo trovarsi in difficoltà economiche con la sua attività, e ricorrere a un bonus a cui ha pienamente diritto. Il resto è antipolitica da strapazzo.
– lasciate perdere il referendum sul taglio dei parlamentari. Non c’entra assolutamente niente.