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La sinistra torni a fare la sinistra (anche perché ha vinto la destra)

Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (Il Tirreno, La Gazzetta di Mantova, Il Mattino di Padova, Il Piccolo, Il Centro, La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Modena, Alto Adige, Il Trentino, Il Messaggero Veneto, La Nuova Sardegna, La Nuova Venezia, La Città di Salerno e altri).

“Perché qua è vero che il centrodestra non c’è più: e però attenzione, ci sono ancora gli elettori”. Così ragionava in privato, qualche mese fa, una vecchia volpe che ha attraversato prima e seconda repubblica. La vecchia volpe si chiama Clemente Mastella, e guarda caso da un paio di settimane fa il sindaco di Benevento. Per il centrodestra, naturalmente. Eh già, forse a mente fredda dovremmo smetterla di ripetere come pappagalli che gli elettori hanno premiato “i volti giovani” e guardarlo un po’ più in profondità un voto che non è stato solo il trionfo delle “ragazze” grilline. Aiuterebbe il Pd ad esempio, nella sua prossima direzione, fare un’analisi un po’ più seria.

L’“Italia di mezzo”, a guardarla bene, dice più cose di quattro o cinque grandi città. E se è certamente vero che dal voto esce chiaro il segnale di una crisi del Pd iperrenzizzato da un lato e dell’inizio degli esami di maturità per un Movimento 5 stelle almeno parzialmente degrillizzato dall’altro, nessuno dovrebbe dimenticare l’esistenza di un terzo incomodo da non sottovalutare. Continua a leggere

Analisi del voto (appunti in vista della direzione Pd)

Riepilogando in forma di appunto, a mente fredda e dopo attenta riflessione sui fatti e lettura dei giornali:
– aveva ragione chi diceva cambiamo l’Italicum (finché siamo in tempo);
aveva ragione chi diceva non personalizzare il referendum;
– aveva ragione chi diceva non abbandonare a se stesso il partito;
– aveva ragione chi diceva sulla scuola perdiamo un sacco di voti;
– aveva ragione chi diceva sul jobs act rompiamo con un pezzo del nostro elettorato;
– aveva ragione chi diceva no allo slogan della riduzione indiscriminata delle tasse, puntiamo su investimenti e lavoro;
– aveva ragione chi diceva niente selfie con Verdini;
– aveva ragione chi diceva per vincere ci vuole il centrosinistra unito;
– aveva ragione chi non se n’è andato dal Pd.

La strategia del lanciafiamme chi spaventa? Orfini?

Oggi sul quotidiano Il Dubbio

Sarà interessante vedere quanti voti sposta il lanciafiamme. A giudicare dagli amati social network, la sortita televisiva di Matteo Renzi su cosa aspetta il Pd dopo il voto non pare sia stata apprezzatissima né dalla base né dagli osservatori. Difficile aspettarsi altro, dal momento che chi parla fa il segretario da quasi tre anni, circondato da una maggioranza bulgara (uscita dalle primarie e arricchita da successive conversioni), un potere assoluto (quando stai a palazzo Chigi hai indubbiamente più argomenti dei segretari che si barcamenano all’opposizione) e un conformismo senza precedenti nella storia del centrosinistra (perfino i tweet dei parlamentari, a leggerli, sono tutti uguali). Sarà interessante altresì vedere chi dovrà mettersi la tuta ignifuga, dato che nel Pd – con o senza lanciafiamme – avversari di Renzi se ne trovano con una certa difficoltà, e di sicuro non nel gruppo dirigente: le lingue di fuoco arriveranno forse su Matteo Orfini, commissario di Roma e artefice della candidatura Valente a Napoli? O su Maurizio Martina, regista delle primarie che hanno incoronato Beppe Sala? O su Luca Lotti, l’uomo dell’alleanza con Verdini? Difficile in ogni caso che la potenza di fuoco giunga fino in Siberia, dove languono – peraltro al fresco – i rottamati. Sarà interessante comunque vedere l’effetto che fa, il lanciafiamme, in un partito che perde consensi e identità e avrebbe bisogno, più che altro, di un saldatore. Continua a leggere

Ballottaggi, per il Pd rischio “biscotto”

Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (Il Tirreno, La Gazzetta di Mantova, Il Mattino di Padova, Il Piccolo, Il Centro, La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Modena, Alto Adige, Il Trentino, Il Messaggero Veneto, La Nuova Sardegna, La Nuova Venezia, La Città di Salerno e altri).

E adesso si balla. Per capire che per il Pd i ballottaggi non saranno una passeggiata basta il riassunto delle puntate precedenti: nelle comunali dell’anno scorso, il Partito democratico i ballottaggi li ha persi praticamente tutti. Venezia, Arezzo, Rovigo, Fermo, Chieti, Matera, Nuoro, Enna, Gela: con le sole eccezioni di Lecco, Macerata e Mantova i candidati di centrosinistra furono battuti anche nelle roccaforti storiche, anche dove erano uscenti e con un bilancio positivo (per tutti Salvatore Adduce, appena uscito vincitore dalla battaglia per Matera capitale della cultura), anche dove partivano in vantaggio. L’allarme era già suonato l’anno prima, il trionfale 2014, con le sconfitte nelle tre piazze imperdibili di Livorno, Perugia e Potenza. Ognuna di queste battaglie locali fa storia a sé, e così faranno quelle che si svolgeranno tra due domeniche; tuttavia la difficoltà del Pd a competere nelle sfide dirette ha ragioni politiche generali (e per questo, tra l’altro, sarà inevitabilmente analizzata anche in chiave Italicum). Il rischio principale, non l’unico, per il Pd, ha un nome dolce come il ricordo della nonna: biscotto. Continua a leggere