Stepchild adoption, il problema del Pd è l’impotenza politica

Il Pd diviso sulla legge Cirinnà è una notizia che non riesce proprio a scandalizzarmi. La materia è complessa e storicamente controversa, e anche se è vero che nelle condizioni mutate della politica e del mondo cattolico non dovrebbe essere impossibile raggiungere una mediazione, non vedo cosa ci sia da stupirsi se in un grande partito culturalmente plurale c’è qualche difficoltà a trovarla. Io, per dire, le opinioni su questo argomento le rispetto tutte. Non presuppongo la malafede e l’eterodirezione di nessuno, e anzi mi irrito quando le sento teorizzare. Le liste di proscrizione mi fanno orrore, sempre. Penso che nel Pd non ci sia nessuno “indegno di stare in un partito di sinistra”, e nessuno che vuole introdurre il far west dei diritti. Se fossi parlamentare voterei probabilmente a favore della stepchild adoption, magari chiedendo prima al mio collega Andrea Giorgis, un costituzionalista insospettabile di chiusura mentale, in cosa consistono i suoi dubbi sulla costituzionalità del testo di cui leggo oggi sui giornali. Il Pd diviso, ripeto, è un non problema, un dato di partenza: lo stesso codice etico del partito del resto riconosce la libertà di coscienza su questi argomenti. E qui vengo al punto. Il problema invece è la ormai solita, totale, disinvolta assenza da parte del Pd di qualsiasi tentativo di gestione politica di queste difficoltà.

È la scomparsa della cultura della mediazione dall’orizzonte della politica democratica: un fatto davvero paradossale vista la provenienza culturale di Matteo Renzi e di gran parte del gruppo dirigente attuale del Pd. Ma ancora più della mediazione il vero paradosso è la scomparsa della direzione. Mai, mai nel Pd di Renzi – premier totus politicus per storia personale e per (rivendicato e perseguito) doppio ruolo di presidente e segretario, nonché grande promotore del ritorno al “primato della politica” – i problemi politici vengono risolti per via politica. O si fa la prova di forza, e si espelle dalle commissioni chi non è d’accordo con “la maggioranza”, o si allargano le braccia e “decide il parlamento”. Due facce della stessa medaglia, della stessa impotenza impolitica. Niente sintesi, niente mediazione, niente persuasione.

Come può del resto fare unità chi persegue sempre la divisione? Come può mediare chi è così spregiudicato da cavalcare disinvolto oggi una posizione e domani quella contraria a seconda delle convenienze mediatiche e politiche di giornata? Sono accuse troppo dirette le mie?

Ricostruiamo un po’ di passaggi. Tanto per cominciare, Renzi nel 2007 aderì, scusandosi per non poter partecipare, al family day contro i Dico, una versione più prudente e secondo alcuni insufficiente del testo sulle unioni civili ora all’esame del senato. Con lui, o su posizioni simili, in un contesto ecclesiale e politico molto diverso da quello di oggi, una parte consistente dell’allora Margherita, quella più vicina a Rutelli, insomma il nucleo storico dei renziani della prima ora. “È il mio mondo”, disse Renzi parlando di quella piazza. Perché era la piazza dei cattolici? Non direi. Molti altri cattolici, della Margherita e non, si riconoscevano nelle scelte di Romano Prodi e Rosy Bindi contro cui quella piazza era stata convocata. Quella di Renzi era quindi una posizione politica. Fu un passaggio drammatico, attenzione. Si disse allora che quello dei cattolici che si erano opposti al Non Possumus dei vescovi, e quindi alla logica del Family day era stato un atto fondativo del Pd. Ebbene, Renzi stava dall’altra parte: non è una cosetta da poco. Oggi perfino dalla Cei qualche voce riconosce che opporsi ai Dico allora è stato probabilmente un errore. E Renzi cosa dice? Lui niente. Ma molti che oggi sono parlamentari renziani, ovviamente direi, non rinnegano quelle posizioni e infatti oggi non vogliono votare il testo Cirinnà perché pensano che si spinga troppo avanti sul tema dell’adozione e su altro. Sarebbe una bella questione politica, che forse solo Renzi potrebbe risolvere. Ma Renzi invece vediamo cosa fa.

Prima fa la Leopolda, e in una qualche Leopolda dice: “Stepchild adoption”. È passato del tempo dal family day, il Pd sta all’opposizione, si prepara alle elezioni e fa ovviamente e come sempre fatica a trovare mediazioni da mettere nel programma su queste questioni, quindi i pierini della Leopolda mettono una briscolina: se Bersani ce la fa a dire “riconosceremo le unioni civili sul modello tedesco”, che in effetti prevede anche l’adiozione del figlio biologico del partner, e si ferma lì, noi Leopoldi – innovatori e fighi come siamo – diciamo esplicitamente che ci vogliono anche le adozioni, e così mettiamo pure due paroline inglesi che fa tanto politica ggiovane.

Arriva poi il momento di fare una legge, e le adozioni, che avrebbero anche potuto essere oggetto di una legge ad hoc da fare dopo il riconoscimento delle unioni civili – dicono oggi in tanti -, ci finiscono dentro. Non che di solito ci si faccia un problema di rispettare il programma del Pd, ma in effetti di solito non ci si fa un problema nemmeno di rispettare quello della Leopolda. Comunque nessuno dice niente, nessuno osserva che non tutto il Pd forse è d’accordo. Anzi, informalmente si fa sapere alla comunità omosessuale e alle associazioni dei gay: tranquilli, questa tanto Alfano non la vota ma noi la portiamo a casa insieme ai grillini, per cui ci possiamo spingere piuttosto avanti e lasciar perdere l’Ncd: è #lavoltabuona insomma, cari omosessuali. Inoltre “Renzi ai suoi” fa arrivare ai giornali più o meno questo messaggio: i sondaggi dicono che sto un po’ in difficoltà ed effettivamente perdo voti e parlamentari verso sinistra, ma all’inizio del 2016 vedrete che offensiva faccio sui diritti civili, approvo le unioni gay così la sinistra tornerà a votare per me alle amministrative. Perché Renzi, dovete sapere, è così bravo che anche quando fa una cosa di sinistra riesce a farla contro la sinistra. Quindi la sua idea è approvare le unioni civili alla faccia dei gufi, anche dei gufi che le votano, per poi dire “avete visto che la sinistra non serve più a niente? Ci sono io!”.

Il premier si spende dunque pubblicamente a favore della stepchild adoption. Nel senso che dice nelle interviste che lui è favorevole però, e basta. Perché riguardo agli altri, all’emergere dei primi problemi, viene fuori che la linea del Pd – la linea del Pd sul tema su cui il segretario del Pd doveva basare il suo riscatto e la vittoria alle amministrative, ricordiamo – è: libertà di coscienza. Avete capito bene: decide il parlamento, dicono quelli che espellevano dalle commissioni i parlamentari che non la pensavano come “la maggioranza”. Che poi libertà di coscienza è una non linea, è la premessa: sta nel codice etico del Pd, appunto. Ma a nessuno viene in mente di fare una riunione, magari di maggioranza, magari col segretario o con qualcuno che autorevolmente lo rappresenti, per dire ragazzi ma che figura ci facciamo. Del resto non l’hanno fatta neanche prima, mentre la legge veniva scritta e discussa in commissione.

Ora mancano ancora diversi giorni e non so come andrà a finire questa faccenda. Che sia la volta buona per avere una legge all’altezza degli altri paesi europei io lo spero davvero. C’è una categoria di persone senza diritti che è finalmente arrivato il momento di riconoscere, e questa è la cosa più importante. In un modo o nell’altro, con l’unità del Pd o no. Poi però, in subordine, mi chiedo: ma senza mediazione e senza direzione, della politica che cosa resta?

PS: ho detto che rispetto tutte le opinioni, ma non significa che le condivido tutte. Una, che sento spesso, mi sembra particolarmente insensata: la stepchild adoption, si dice, “aprirebbe la strada” all’utero in affitto. Ora, premesso che l’utero in affitto è già esplicitamente vietato dalla legge italiana, capisco il principio di precauzione, ma quando pensiamo che qualcosa apra la strada a qualcos’altro non sappiamo mai a cosa apre la strada il suo contrario. Ripeto: sono alcuni autorevoli vescovi a dire che non essendosi opposti ai Dico allora oggi forse non si troverebbero a confrontarsi con un testo più avanzato come il testo Cirinnà. Intendo che dire sì ha delle conseguenze, certo, ma anche dire no ne ha. Guardiamo l’Irlanda: se non avesse detto sempre no a tutto, forse non avrebbe visto sollevarsi quel gigantesco movimento referendario che ha portato da nessun riconoscimento per i gay al matrimonio gay in un giorno. Bisogna saper scegliere in tempo, diceva il poeta, non arrivarci per contrarietà.

2 Responses to Stepchild adoption, il problema del Pd è l’impotenza politica

  1. Giustissimo. Questo articolo è talmente lucido che se nei talk show televisivi si avesse il tempo di approfondire qualcosa , forse , ci sarebbe una maggiore condivisione e si alzerebbe il nostro livello di civiltà

  2. Riflessioni da condividere pienamente.

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