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Appunto sull’articolo 18 (e però voi lo avete votato, eccetera)

Allora:
– il Jobs act era un decreto delegato. Questo significa che il parlamento vota una delega al governo che poi sulla base di quella delega scrive, con una certa seppur limitata libertà, i decreti attuativi. La delega conteneva varie norme sul lavoro (contratto a tutele crescenti, riforma degli ammortizzatori sociali ecc) tra cui la disciplina dei licenziamenti. Nel voto finale sulla delega fu posta la fiducia, che la minoranza Pd votò per senso di responsabilità dichiarandosi contraria ad alcune parti del provvedimento.
 – durante l’esame della delega, sia in sede partito (direzione) che in sede parlamento (gruppo) la minoranza Pd aveva presentato documenti che esprimevano una posizione contraria all’abolizione dell’articolo 18 e che erano stati regolarmente bocciati.
– nella delega, in base a un accordo interno al Pd garantito da una mediazione del presidente della commissione lavoro Cesare Damiano, e votato dalla direzione del Pd all’unanimità – renziani compresi quindi – si era comunque raggiunta una mediazione anche sui licenziamenti che prevedeva il no ai licenziamenti collettivi e norme che limitavano l’abolizione dell’obbligo di reintegra. In seguito, il governo sconfessò quell’accordo e gli stessi parlamentari renziani della commissione lavoro introducendo i licenziamenti collettivi. L’eccesso di delega venne denunciato da subito dallo stesso Damiano, allora membro della maggioranza Pd.
– in precedenza, durante il governo Monti, l’allora segretario del Pd Pierluigi Bersani aveva impedito l’inserimento dell’abolizione dell’articolo 18 nella legge Fornero, mettendo in gioco il proprio stesso ruolo.

Qui il video:

Tanto vi dovevo.

Se il jobs act aveva le ruote

“Ma che sagoma Mentana” è il tormentone dell’estate, va benissimo, mi unisco. Aggiungo però due cose:

1) può essere pure che il jobs act andava fatto dieci anni fa. Penso di no, penso che se lo avesse fatto Berlusconi saremmo stati contrari, ma ammettiamo che. Bene: dove sono le dichiarazioni di Matteo Renzi pro jobs act di dieci anni fa? E sennò è troppo facile eh.

2) Matteo Renzi governa adesso. Ricordate questa parola? “Adesso”? Bene, conta come il jobs act funziona adesso, non come avrebbe funzionato dieci anni fa. Leadership è, appunto, comprendere la contemporaneità. Come avrebbe detto il sindaco di Firenze quando faceva i comizi in camicia bianca.

In quale direzione

Leggo che alla direzione del Pd di stasera, convocata d’urgenza con un sms e due giorni di preavviso in orario notturno, così da venire incontro – immagino – alle esigenze del territorio, si voterà su: Jobs act, legge elettorale, legge di stabilità e riforme costituzionali. Leggo che bisogna correre, correre, correre.
Speriamo che ci spieghino anche perché corriamo, con l’occasione. Perché con le aziende che chiudono, gli argini che crollano e il governo stabile fino al 2018 si debba correre tanto per fare subito subito la legge elettorale ad esempio.
Perché se “il patto scricchiola” e siamo pronti a proseguire senza Berlusconi non possiamo fare, come abbiamo sempre detto di voler fare, i collegi uninominali, invece di quella cosa delle liste un po’ bloccate è un po’ no, anche.
Perché se abbassiamo le soglie per far contenti i “piccoli” e anche i minuscoli, andiamo avanti con una riforma dichiaratamente pensata per rendere il nostro “un sistema fondato su due grandi partiti” (che poi non ho mai capito qual era il secondo grande partito, visto che Forza Italia è il terzo).
Cosa vuole fare insomma Matteo Renzi, a parte correre e dare titoli ad effetto ai giornali? Verso dove stiamo correndo, presidente? Se ce lo spiega in modo convincente, sarebbe importante. Se magari qualcuno stasera glielo chiede, ci fa un favore. Che noi possiamo solo guardare lo streaming, e comunque abbiamo già il fiatone. Grazie.

Colpirne uno per educarne centouno

Io penso che non votare la fiducia a un governo sostenuto dal proprio partito sia un fatto grave. Lo dicevo quando a dirlo ci si prendeva di “stalinista” e si alimentava l’indignazione degli indignati che occupavano i circoli (ma dove sono finiti, a proposito?) e lo dico anche adesso. Penso che sia giusto che il gruppo del senato (ecco, il gruppo del senato magari, non la segreteria pd cioè lo staff del segretario) si riunisca e valuti eventuali conseguenze politiche di quanto è avvenuto sul Jobs act.
Lo dico anche perché ho molti amici che in nome di questo hanno votato la fiducia a un testo di legge che non era in nessun programma elettorale, che va contro le loro idee e i loro principi e che non hanno avuto neanche la possibilità di discutere, e non vorrei essere al loro posto. Lo dico anche perché, fossi stata al loro posto, probabilmente anch’io avrei votato la fiducia, dato che penso che è troppo comodo salvarsi l’anima da soli.
Detto questo, però, questo delirare stentoreo di “punizioni esemplari” quando non addirittura di “colpirne uno per educarne cento” penso che dovrebbe far riflettere un pochino. Anche perché, considerando i pulpiti da cui vengono le prediche, è difficile dire se certe minacce siano più agghiaccianti o più ridicole. Come sa chiunque in questi anni non dico abbia voluto un po’ bene al Pd, ma almeno abbia letto qualche giornale. E conservi un minimo di memoria e raziocinio anche in questi tempi di arroganza smisurata e conformismo vigliacco.