Mattarella, l’umanità di un presidente adeguato

Ho scritto questo per i giornali locali del gruppo l’Espresso (Il Tirreno, La Gazzetta di Mantova, Il Mattino di Padova, Il Piccolo, Il Centro, La Gazzetta di Reggio, La Gazzetta di Modena, Alto Adige, Il Trentino, Il Messaggero Veneto, La Nuova Sardegna, La Nuova Venezia, La Città di Salerno e altri).

Nessuna dichiarazione alla stampa, o meglio nessuna dichiarazione e basta. Nessuno sguardo in favore di telecamera, mai. Sergio Mattarella ieri ha attraversato la tragedia del terremoto alla sua maniera: niente addetti stampa, zero retorica, zero – apparente – comunicazione. E la gente lo ha applaudito quando è sceso dalla macchina nel piazzale della palestra di Ascoli Piceno dove stavano per cominciare i funerali di stato. Sarebbe già molto di questi tempi: applausi per un politico, e per un politico che non fa niente per rendersi popolare. Ma era solo l’inizio: dopo sono stati abbracci, lunghi, parole sommesse, tutto un modo di essere e di esserci durante la cerimonia. E poi, nei tg, la passeggiata mattutina tra le rovine di Amatrice e di Accumoli, il “grazie” sussurrato e ripetuto ai volontari e alle forze dell’ordine, le carezze ai bambini. In tanti, davanti alla tv e sui social network, hanno percepito, forse per la prima volta, la personalità dell’uomo del Quirinale. Anche i detrattori del presidente dei molti silenzi e delle parole, quando ci sono, quasi impercettibili (è vero, è il suo modo di parlare) hanno sentito qualcosa. C’è chi ha parlato di “grazia di stato laica”. 

È giusto, ed è un bel modo di dirlo: nessuno nasce presidente della repubblica, lo si diventa. Ma è anche vero che Mattarella – al Quirinale da un tempo relativamente breve, se comparato alla lunghezza del mandato – è stato un presidente eletto quando, dopo anni di maggior protagonismo sulla scena politica,  era diventato quasi uno sconosciuto e poi un presidente assai sottovalutato. Capita così che gli italiani lo stiano “scoprendo” ancora adesso, a poco più di un anno e mezzo dalla sua elezione. Davanti alla tv ieri in molti hanno sentito qualcosa che, in famiglia e sui social network, hanno chiamato dignità, compostezza, empatia. Ci sono altre due parole per dirlo: umanità, e adeguatezza.

Analizzarlo non è facile, ma nemmeno impossibile. Mattarella, anche nelle circostanze più tragiche o formali, dà l’impressione di sapere sempre cosa fare e cosa dire. Parla pochissimo, non fa gesti plateali, ma forse proprio per questo non appare mai come uno che si preoccupa delle sue parole e dei suoi gesti. Inoltre, ascolta. Si piega sulle persone se non sono in grado di alzarsi o se sono troppo piccole. Le guarda negli occhi. Non ha fretta, non è mai imbarazzato. Non è mai fuori posto o fuori luogo, col suo vestito scuro impeccabile in mezzo alla polvere o accanto alla felpa del sindaco di Amatrice. Non si traveste, non si mette la divisa dei vigili del fuoco che i vigili del fuoco gli regalano: l’accetta con un sorriso e un grazie e qualche altra parola che non sentiamo. Senza perdere autorevolezza, tocca e si lascia toccare, prende buffetti dalle vecchiette che lo trattano come un giovanotto, abbraccia come un nonno i ragazzi che piangono, spalanca le braccia di fronte a un sindaco con le occhiaie che allungava timidamente la mano. Regala una bambola alla piccola Giorgia, che ha perso la sorellina e compie quattro anni, ma nessuna telecamera lo riprende mentre entra nell’ospedale con in mano una bambola.

Ovviamente non è vero che Mattarella non comunica. È che a differenza di altri, anche suoi predecessori (ovvio il paragone con Pertini primo presidente mediatico, ma in un tempo in cui noi eravamo più ingenui e la stampa più discreta), lui comunica per sottrazione. Questione di ruolo e di carattere. Non ha bisogno di attirare l’attenzione su di sé, ce l’ha già – e questa è la parte facile. Ma soprattutto non ha bisogno di pensare a cosa comunicare di sé, gli basta essere quello che è. Questa forse è l’adeguatezza, oltre che l’umanità di chi conosce il dolore, la violenza, la tenerezza di una famiglia grande e la solidità di radici forti. L’adeguatezza o ce l’hai o non ce l’hai. Lo sentiamo tutti, e soprattutto davanti alle tragedie. Come Anne Hidalgo, dopo gli attentati di Parigi, era il sindaco più adeguato che io abbia mai visto. Come certi giornalisti, che lo senti che ti arrivano al cervello e al cuore senza aver cercato a forza, come fanno in tanti, le parole e le storie per farti commuovere. Come il vescovo Giovanni D’Ercole, che alle sei della mattina del 24 agosto era già in montagna a scavare. E quando senti che c’è, l’adeguatezza, sai che è di quello che avevi bisogno.

One Response to Mattarella, l’umanità di un presidente adeguato

  1. Albertina Ronci

    Grazie per quello hai detto di Sergio Mattarella che ho conosciuto in quanto nella DC stavo nella sua corrente con Roberto Digiovanpaolo e Francesco Garofani con cui sono cresciuta insieme.
    Albertina Ronci

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