Mattarelliani da prima

Queste sono le cose che ho detto introducendo la presentazione del libro di Pio Cerocchi “Il presidente – Un ritratto” (Editori internazionali riuniti, 10 euro) che si è svolta ieri alla libreria Arion Montecitorio alla presenza di Pierluigi Bersani, David Sassoli e molti amici, in un’aria di “casa” che è difficile da raccontare, per cui non ve la racconterò. 

Questo libro nasce da una delle epiche, viscerali, spettacolari incazzature di Pio Cerocchi. Pio è un puro, e chiunque abbia avuto a che fare con lui, per lavoro, amicizia o entrambe le cose, conosce benissimo il meccanismo esplosivo, sanguigno, popolare di queste incazzature (la parola “popolare”, qui, gli farà piacere, credo). In questo caso, l’incazzatura scatta il giorno dell’elezione del presidente, quando cominciano le telefonate dei colleghi, che sanno che Pio è stato molto vicino a Mattarella: il direttore responsabile quando il presidente era direttore politico del Popolo. È un momento di grande eccitazione e commozione, nonostante questo tu rispondi (è successo anche a me in quelle ore) e tutti i giornalisti politici d’Italia ti rivolgono la stessa domanda, ovvero: di che squadra è tifoso? 

Il nervoso ti viene, anche perché non te lo ricordi. Anche io avevo questa immagine di Mattarella che esce un attimo da una riunione, entra nella stanza dove c’è la tv con la partita e chiede “quanto stanno?”. Sapevo che ama il calcio, ma in effetti non sapevo dire per chi tifa: aplomb istituzionale forse, fin da allora. Ma poi scopri che non è questa la vera incazzatura di Pio. Leggendo il libro lo capisci. Pio è insoddisfatto, sempre visceralmente insoddisfatto, del ritratto di questo semisconosciuto e improvviso presidente che quelle giornate restituiscono agli italiani. Mattarella, pensa Pio, non è solo uno dei padri dell’Ulivo. Non è solo l’uomo della legge elettorale maggioritaria. Non è solo un testimone dolorosamente diretto della violenza mafiosa. Mattarella, ecco, è un democristiano.

Un democristiano, cioè un politico. Un uomo con una precisa cultura politica. Un democristiano non qualsiasi, un certo tipo di democristiano. Ma non un cattolico del dissenso. Non un esterno. Non il familiare di una vittima. Nemmeno un autorevole costituzionalista prestato alla politica. Meglio: Mattarella è tutte queste cose, e anche altre, perché è un democristiano.

Il libro ricostruisce dunque alcuni passaggi della sua vita utilizzando questo filo. La prima parte deve più di qualcosa al libro di Giovanni Grasso (oggi portavoce del presidente), la biografia di Piersanti Mattarella, e anche al diario di Peppe Sangiorgi, un altro giornalista del Popolo, sul suo periodo vissuto a fianco di De Mita come portavoce. Poi piano piano prendono sempre più campo i ricordi di Pio, da cronista politico prima e poi da direttore. Sono i passaggi più originali, poco conosciuti davvero.

Ne cito due: il clamoroso discorso sul partito, inteso proprio come forma partito, come organizzazione, all’assemblea organizzativa di Assago (1991) in cui Mattarella prende la parola da vicesegretario della Dc. Un discorso che sembra fatto due mesi fa, a riprova che in questo campo abbiamo molto innovato ma poco abbiamo risolto. Non basta più il tesseramento a definire l’appartenenza, dice Mattarella, e dobbiamo riuscire a raccogliere e identificare un’appartenenza e una partecipazione che nascono da motivazioni nuove, più parziali forse, ma che dobbiamo assolutamente intercettare. Un discorso “postumo” sulla Dc, lo chiama Pio, perché è un discorso che è stato pronunciato in limine, alla fine di una vicenda politica. Eppure a me sembra che quel chicco di grano potesse (possa? potrebbe?) produrre ancora molto frutto.

E poi la vicenda del Mattarellum. Il drammatico post referendum in cui Mattarella prende in mano il futuro delle istituzioni, nello scetticismo dei democristiani e con l’ostilità della sinistra proporzionalista, e riesce a portare a casa una legge elettorale largamente condivisa e oggi molto rimpianta. Questo periodo viene raccontato da Cerocchi anche attraverso gli editoriali da direttore del Popolo. Divenuto direttore nel pieno della battaglia, Mattarella fa del Popolo, per la prima volta nella sua storia, un giornale da battaglia: una fase che chi l’ha vissuta ricorda con entusiasmo. Senza “giocare a fare il giornalista”, fa politica anche col giornale, guidandolo tra l’esplodere di Tangentopoli e il lavoro di gestione anche culturale della nuova legge elettorale maggioritaria.

Post scriptum: per provare a rendere almeno in parte il clima di ieri, concludo questo post copiando quello che ha scritto ieri su facebook uno dei presenti, Guido Compagna, mio antico maestro di giornalismo e amico.

Omaggio a chi (giustamente) rivendica l’orgoglio di essere stato, laicamente; democristiano. Sono davvero contento di essere andato questa mattina alla presentazione del libro “Il presidente” di Pio Cerocchi. Pio è un collega e un vecchio amico, non frequentato quanto mi sarebbe piaciuto, ma mai perso di vista e ritrovato e letto più assiduamente su Fb. È stato direttore responsabile de “Il Popolo” quando direttore era Sergio Mattarella. Nel libro, per ora appena sfogliato, Pio non nasconde il suo fastidio per il fatto che di Mattarella si vuol sapere e dire quasi tutto tranne una cosa: che prima di diventare presidente della Repubblica era stato laicamente (non soltanto perché cattolico) e convintamente democristiano. Tra i presentatori del libro, con Pierluigi Bersani e David Sassoli, c’era anche Chiara Geloni. La quale ho avuto il piacere e l’onore di conoscere un po’ di tempo fa alla scuola di giornalismo della Luiss. Mi colpì molto quella ragazza, tanto bionda, che con molto orgoglio mi disse (si era ai tempi di Tangentopoli e la seconda repubblica a stento si intravedeva): “Io sono del partito popolare”. Orgoglio e coraggio che certamente non si è perso negli anni. Infine un ricordo più familiare, Nella stessa sala dove si presentava il libro di Pio, una quarantina di anni or sono (in tempi di Moro-La Malfa) mio padre, che è stato un dirigente del Pri, aveva presentato insieme a Franco Marini il libro di Carlo Donat Cattin “La mia Dc”.stato un dirigente del Pri, aveva presentato insieme a Franco Marini il libro di Carlo Donat Cattin “La mia Dc”.

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