Rassegna Quirinale/8: il metodo

“Si parte dal Pd”, scandisce perentorio il vicesegretario Lorenzo Guerini davanti alla solita selva di microfoni al termine della riunione della segreteria, annunciando un’assemblea di parlamentari per lunedì mattina. Dunque, abbiamo un metodo. Differente dall’ultima volta, quando il Pd all’unanimità (prima in direzione e poi nei gruppi parlamentari) aveva dato a Pierluigi Bersani il mandato di raggiungere un accordo con Silvio Berlusconi su un nome purché dell’area di centrosinistra. L’unità del Pd su quel nome, in partenza, i gruppi dirigenti la diedero per scontata. “Avete capito cosa significa dire che non ce lo eleggiamo da soli, sì?”, aveva avvertito il segretario al termine della riunione plenaria dei grandi elettori. Significava “avete capito che non potrà essere il nostro preferito in assoluto, che dovremo fare un compromesso?”. Il gruppo aveva risposto positivamente, e Bersani, senza presentare rose (mi sono rassegnata a leggere questa storia della “rosa”, ma non è vera), ottenne da Berlusconi – che era partito rivendicando il Quirinale addirittura per Gianni Letta – il sì a un fondatore del Pd, Franco Marini. Sappiamo quello che successe dopo.

Stavolta invece “si parte dal Pd”, sembra. Solo che non si capisce cosa vuol dire. Anche un esperto, forse il più autorevole, tra gli osservatori della politica italiana, Stefano Folli, non capisce. Scrive infatti su Repubblica:
“Il tempo stringe e a meno di non dar credito alla teoria
fantapolitica della «carta segreta», del personaggio imprevisto
che emerge all’improvviso, i fili del negoziato
sono ancora da annodare. Lo sono a sinistra, cioè nel Pd, visto che finora le distanze restano immutate: nessun ponte è stato gettato verso
la minoranza dei 140, il fronte frastagliato e irrequieto di
cui Bersani resta il punto di riferimento. Si sono sentite dichiarazioni
concilianti da parte del presidente del Consiglio,
ma nulla di concreto ne è seguito. A destra invece c’è
il famoso «asse» con Berlusconi, cui si aggiungono i centristi
di Alfano: un rapporto essenziale per Renzi, a maggior
ragione con il centrosinistra diviso, ma non tanto da
garantire la scelta sicura del predestinato. Non è facile immaginare
il segretario del Pd che individua il presidente
in un dialogo privilegiato con Forza Italia, quando un terzo
del suo partito rumoreggia perché non viene coinvolto
oppure lo è solo in modo formale”.

Insomma, prosegue Folli,
“Nessuno ha capito
con precisione se avremo un
nome individuato da Renzi
con Berlusconi-Alfano e poi
sottoposto al Pd, ovvero se il
procedimento seguirà il percorso
opposto: prima il Pd, poi
l’alleato esterno. Per ora si
viaggia nell’ambiguità. La
sensazione è che Renzi voglia
evitare per quanto è possibile
una trattativa con la minoranza
appena reduce dallo scontro
sull’Italicum, ma che si
renda conto di non poter procedere
con un partito spaccato”.

Insomma, Renzi martedì proporrà a Berlusconi un nome secco deciso dall’assemblea dei parlamentari del suo partito o sottoporrà a Berlusconi alcuni nomi tra cui “scegliere” come avvenne – orrore – su quello di Marini? E poi, se si parte da un nome del Pd, perché si continua a far saper che il Pd partirà votando scheda bianca, e che forse nemmeno verranno proposti nomi prima della quarta votazione? E perché si continua a far circolare la lista dei “cattivi” elettori democratici che non voteranno l’uomo del Nazareno? Il metodo c’è, ma non è chiaro. In attesa di capire come Renzi gestirà i giorni cruciali della prossima settimana, da palazzo Chigi si fa sapere ai giornali che gli ex segretari non sono affatto fuori dalla corsa. Venghino siori venghino: tutto fa brodo, per “pacificare il Pd”. Ma dire che sono tutti in corsa è una tecnica che non può funzionare all’infinito, alla fine bisognerà pur scontentare qualcuno.

PS: Fango. Sul Fatto quotidiano, macchinetta del fango su uno dei papabili. “Mattarella, i buoni benzina e l’imprenditore dei boss”, è il titolo. Addirittura. Poi uno va a leggere l’articolo e c’è scritto che Sergio Mattarella, in seguito a un’inchiesta del 1992, fu assolto da ogni accusa con la motivazione che “il fatto non sussiste”. Insomma, sintetizza Sandra Rizza autrice dell’articolo, “Mattarella la fece franca, e come lui tutti gli altri imputati eccellenti, assolti in blocco dall’accusa di corruzione”. Che tristezza, il Fatto quotidiano.

PS/2: Altri metodi. Non brillantissima, spiace dirlo, la tattica di partire indicando un nome “antiNazareno” suggerita in alternativa da Vendola e Civati (e immediatamente respinta dai grillini, peraltro). Se si vuole dare ragione a Luca Lotti e ai suoi compilatori di liste (e a chi le mette sui giornali) non c’è sistema migliore.

One Response to Rassegna Quirinale/8: il metodo

  1. Per quanto ne possa capire io,penso e spero,che un eventuale nome antiNazareno emerga dopo che sarà fatta la proposta da parte di renzi,quindi dopo aver valutato quanto e se ci sia l’impronta del patto renzi-berlusconi.
    Altrimenti in effetti non avrebbe senso.
    Carla Ceccarelli

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