Rassegna Quirinale/5: la lingua in bocca

Con una cinquantina di voti, determinanti, come ricorda Paolo Romani, di Forza Italia, respinti gli emendamenti dei “parassiti” del Pd (quelli che “restano ribelli”, per citare una frase cara al capo, e si giocano così presumibilmente il posto buono al prossimo giro, mentre chi, da elettore di Gianni Cuperlo al congresso, si presta a presentare emendamenti trappola ammazza minoranza e pro liste bloccate è evidentemente un eroe e un esempio di come ci si comporta nella Ditta) e si mette in banca l’Italicum.
In tutto questo passaggio parlamentare, il leader del Pd non ha mai concesso ascolto a nessuna delle istanze presentate dalla minoranza, che pur a partire da un giudizio molto negativo sulla legge, aveva limitato a pochi circoscritti emendamenti la materia su cui dare una battaglia da settimane e mesi annunciata come dirimente. La minoranza Pd in questi mesi ha votato sempre sostanzialmente tutto, anche provvedimenti che dichiaratamente non condivideva. Ha accettato qualunque mediazione, anzi spesso (vedi Damiano sul jobs act) se m’è fatta carico in proprio.

Qualunque leader, a una settimana da un voto di cruciale importanza come quello sul presidente della repubblica, avrebbe cercato un accordo innanzitutto tra i suoi, o in alternativa avrebbe rallentato un poco un passaggio parlamentare controverso, quanto sarebbe bastato per affrontarlo una volta eletto il nuovo presidente.
Due giorni fa invece, Renzi è andato all’assemblea del Pd e ha detto ai dissidenti: vi do 24 ore per allinearvi. Prima che quelle 24 ore fossero passate, ha chiamato Berlusconi e si è messo d’accordo con lui rendendo irrilevanti i voti di un terzo del suo partito. La legge elettorale si approva con una maggioranza politica, non è l’elezione del presidente della repubblica e non è una riforma costituzionale. Questo è dunque un vero e proprio cambio di maggioranza. Vedremo nelle prossime settimane le conseguenze.
Intanto però c’è il Quirinale. Come scrive Claudio Cerasa sul Foglio raccontando l’incredibile giornata di ieri,
“L’immagine è un po’ hard, ce la offre
un deputato del Partito democratico e rende
bene, seppur con un brivido, il senso politico
della giornata di ieri: “Renzi e Berlusconi
si sono messi ancora una volta la lingua in
bocca e hanno deciso che non c’è scelta: questo
matrimonio s’ha da fare”. (…) Dovendo
scegliere se mediare con la minoranza del
Partito democratico o con la maggioranza di
Forza Italia, Renzi ha scelto ancora una volta
la seconda strada”.

Insomma, salvo smentite, da oggi la prima mossa tocca non più al Pd ma alla nuova maggioranza, quella del Forza Italicum. Viene quasi il dubbio di aver capito perché Renzi insiste che il nuovo presidente venga eletto alla quarta votazione: perché a quel punto serviranno qualche centinaio in meno di voti, e abbiamo capito quali voti Renzi ritiene superflui. Alla minoranza Pd non resta che aspettare che il Patto del Nazareno avanzi la sua proposta per il Colle. Lo dico senza ironia: magari sarà buona e votabile. Poi, nel Pd e all’intorno, bisognerà parlare un po’ di politica.

One Response to Rassegna Quirinale/5: la lingua in bocca

  1. Hai proprio ragione Chiara. E anche Cerasa.

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